"La vita che continua. Le rondini, per esempio. Leggevo sui giornali che non arrivavano più, che ne sarebbero arrivate sempre meno. Però da me la prima coppia è tornata già con un azzardato anticipo. il 9 aprile, e ora è pieno, e le nidiate hanno già preso il volo. Leggevo dell’aviaria, di un allarme comprensibile e umano, ma con una specie di distrazione rispetto all’eventualità di un cielo malvisto e vuoto di uccelli. Seguo gli assidui convegni di Ahmadinejad — "La montatura dell’Olocausto" , "li mondo senza sionisti” — e immagino un mondo senza uccelli e senza ebrei, così, per sventare il contagio. Sui giornali di sabato ho letto dell’allenatore della squadra olimpica irachena di tennis, Ahmed Rashid, e dei due giocatori, Nasser Mi Hatem e Wissam Adel Odah, che sono stati ammazzati a Baghdad perché indossavano i calzoncini corti. Ho letto anche che secondo genetisti inglesi è nato prima l’uovo che la gallina. Mi ricordo di Sarajevo, quando all’improvviso riusciva ad arrivare ai brulli mercatini una fornitura umanitaria di uova. Si scherzava: è morto prima l’uovo o la gallina? La vita che continua: ci sono le lucciole fra le piante, le stelle in cielo. In galera —62 mila persone, al momento: ma lasciate che la Cirielli lavori, e vedrete che meraviglie — niente cielo stellato, niente lucciole, occhi sbarrati sul soffitto, o sulla branda di sopra. Non passa giorno — non passa notte — senza che ci pensi, alla galera. Non per solidarietà, per malattia. Fuori, me la prendo per le cose più diverse. L’Olanda non doveva perdere Ayaan Hirsi Ali, comunque davvero si chiamasse. L’Italia doveva convocare Lucarelli. Prodi doveva istituire un ministero per il Nord, con un ministro del Nord, non so, Illy. Guardo le facce in giro, ora che posso andare in giro, e troppe mi sembrano, con tutto il rispetto, brutte e arrabbiate, anzi nemmeno arrabbiate. seccate, risentite. Specialmente quelle delle persone che guidano l’auto e parlano da sole. Poi torno e mi guardo allo specchio, temendo che anche la mia sia così, seccata, rancorosa. La vera differenza sono gli specchi. In galera non ci sono, uno non si vede per anni, poi viene fuori e non fa che incontrarsi, nelle vetrine, nei bar, nei bagni, e spesso non si riconosce e trasale, e poi si volta di qua e di là, si guarda e si riguarda, di fronte, di profilo, fa le facce, muove le gambe, così, per sgranchirsi. Per riabituarsi."
(a.s.)
ADRIATICO
Non ci sono olandesi a Rimini
a parte qualche turista,
non ci sono ingegneri idraulici
con progetti di riconquista,
non ci son terre da recuperare
niente battaglie, tutto a posto
sembra che debba averla vinta il mare…
Certo: il lasciarsi prendere
non va sottovalutato,
smettere di difendere
le ipotesi del passato,
lasciarsi andare in un mare tranquillo,
che si lecca la riva di cui è innamorato.
Guardalo l’adriatico
come si muove piano
questo mare un po’ antipatico
e triste;
che non promette viaggi che
non ci porterà mai lontano
che non ha più sorprese ma
soltanto coste e isole già viste…
Rivedo l’adriatico
mentre mi annoio in treno,
è uno specchio lontano, statico
e riflette il cielo poco sereno
di questi giorni da dimenticare
vissuti senza storia e il cuore
sotto il livello minimo del mare.
Certo: lasciare o prendere
il gioco non è cambiato,
“forse è saggio sapersi arrendere”
qualcuno dice tenendo il fiato,
“forse è saggio restare fermi ad osservare
un abbisso mediocre, guardarsi galleggiare…”
Eccolo l’adriatico
che viene a prenderci piano piano,
col suo ritmo matematico
e lento
ecco il vecchio padre saggio
che non ci ama e che noi non amiamo
ecco il sonno non lontano
ecco il bicchiere dentro a cui anneghiamo…
Non ho visto bambini a Rimini,
tranne quelli delle colonie,
poveri soldatini minimi,
già dati in pasto alle cerimonie,
ma resistono, loro, e sanno ancora progettare
argini immaginari, sponde,
dighe e barriere da non abbandonare
ma poi, a sera, imbronciati in faccia al mare
non hanno vecchi a cui domandare
perché quest’adriatico
si muove così, così piano
eppure è così fanatico
e forte,
perché fa scomparire sempre
tutto quello che noi costruiamo
perché non ci abbandona mai
e poi perché noi non lo dimentichiamo…
Claudio Lolli