Soletta, Stream of consciousness

Playlist: ENRICO RUGGERI

Giorni randagi (La parola ai testimoni). Semplice semplice, ma è un copione recitato da tutti i possessori di un’anima, prima o poi. La mia preferita e un po’ la mia vita.

Prima del temporale (Peter Pan). Raffinata, raffinatissima. “Sulla luce che ti abbaglia io ci metterò un foulard”. Servizievole e poeta, l’autore.

La giostra della memoria (La giostra della memoria). Una di quelle canzoni interpretate dalla Mannoia che gli autori han fatto bene a “riprendersi” per scaldarle un po’. Qualcuno, poi, ascolta.

Non è più la sera (Enrico VIII). Forse da adolescente mi colpiva che non fosse più la sera “da profilattici”, ci vedevo non so quale trasgressione. È una di quelle canzoni da Ruggeri, quelle che individuano uno stile, un’originalità. Chi altri potrebbe cantarla, e così?

Anna e il freddo che ha (L’isola dei tesori). Nonostante il testo zoppicante (è dura conciliare poesia e ferri da stiro), bel duetto rock con Andrea Mirò. “Se c’è molto rumore di sera, non si sente il respiro”. E cosa può far rima con “respiro”?

Quando i vecchi si innamorano (Domani è un altro giorno). Struggente e coraggiosa. Tornerà in voga, un giorno, nell’Italia a crescita demografica zero?

L’orizzonte di una donna sola (Oggetti smarriti). Difficile fare meglio, con parole pianoforte e chitarra. Canzone complessa, con un crescendo travolgente. Meriterebbe più considerazione, Ruggeri, viste perle come questa.

Post scriptum (La giostra della memoria). “Sono passati gli anni, veloci come rondini…”. Canzone bilancio, piccola piccola.

Incontro (Contatti). In un disco di cover, scelgo questa di Guccini che è indubbiamente una meraviglia. Musicalmente si poteva fare meglio, ma con un testo così è difficile non fare centro.  

Non finirà (Vai RRouge). Arpeggissimo sull’eternità dell’amore, memorabile la “commedia musicale di solitudini a Natale”. Capita di cantarla, appunto, ogni Natale.

Vivo da re (La giostra della memoria). Altro congegno musical-poetico piuttosto perfetto. Il rock dalla prima alla quinta (nel senso di marce). Se poi capita di avere una faccia discretamente bianca…

Vecchia Europa (Champagne Molotov). Un mio ricordo del Liceo, cantata per le strade di Praga. Tra allusioni a Nietzsche e un’atmosfera un po’ punk. 

Rien ne va plus (Difesa francese). Dice di non credere al coup de foudre, il buon Ruggeri, e che “l’amore occupa i capillari molto lento / mediando la ragione con un nuovo sentimento”. Vagamente asettico, forse, ma se uno fa lo chansonnier… E poi: “cambiano le donne insieme alle stagioni / e allevano bambini che inseguono aquiloni / e il musicista ancora le rincorre con nuove canzoni…”.

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