Stream of consciousness

Buon compleanno, Pozzanghera

Nella pozzanghera c’è una tortina di mele, oggi. Inzuppata, annacquata. Una tortina di compleanno, le candeline – spente – sono due. Era il 31 dicembre 2004. Da allora…

 

…ho scritto cose di scuola, tante

…ho scritto cose polemiche

…ho scritto cose incomprensibili o quasi

…ho scritto cose allegre

…ho scritto cose malinconiche

…ho scritto cose tristi

…ho scritto cose tristissime

…ho scritto cose politiche

…ho scritto cose satiriche, ci ho provato

…ho scritto cose incazzate

…ho scritto le parolacce

…ho pubblicato le mie foto 

…ho parlato dei miei Miti

…ho raccontato persone, gesti, imprese

…ho parlato di ciò che mi appassiona

…ho raccontato momenti belli

…ho chiesto aiuto

…ho fatto pubblicità a me stesso e agli altri

 

…e dico GRAZIE a chi mi ha regalato qui un po’ del suo tempo.

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Soletta

Storture

Prima di cominciare a leggere il libro, sbircio la quarta di copertina. Dice: “una favola dolce-amara sulla solitudine dei ragazzini, sulla loro capacità di salvarsi con la magia dalle STORTURE del mondo”.

STORTURE.

 

Passano pochi minuti e in un vecchio e prezioso documentario vedo Don Milani discutere coi suoi ragazzi. Stanno scrivendo una delle loro lettere e un allievo propone di eliminare dal testo una parola troppo difficile… No, ammonisce il Prof., STORTURA deriva da STORTO e tutti sanno cosa vuol dire STORTO. Quindi, se capiscono STORTO, grazie a STORTO capiranno anche STORTURA e sarà una parola in più nel loro vocabolario.

STORTURA.

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Soletta

Nuovi generi letterari

Ho deciso di linkare alla Pozzanghera “PERSONAGGI PRECARI”. Il senso ultimo e profondo che questo blog pone al suo orizzonte confesso di non averlo ancora completamente afferrato. Mi è capitato spesso, però, di rimanere incantato dalla verità di questi quadretti di vita, dalla concretezza dei ritratti tracciati, dalla prosa diretta come un colpo di fucile.

Ecco qualche assaggio…

 

Giuliana

Per Natale Giuliana compone sempre un bizzarro presepe senza Gesù, e con Giuseppe e Maria che si danno le spalle l’un l’altra. Dopo che sua sorella, una dozzina di anni fa, le ha fatto notare che era stupido e inquietante, Giuliana ha continuato a farlo, ma lo tiene in cucina invece che in salotto.

 

Doretta

Sotto quella cesta nera e riccia che sgambetta qua e là puoi trovare Doretta, un concentrato trentaduenne di bontà fasulla, chiacchiericcio e banalità in forma di bidella sindacalizzata.

 

Isabella

Dove vai, Isabella c’è. Feste, concerti, assemblee, inaugurazioni: da dieci anni studentessa fuori sede, da dieci anni presente, senza mai un sorriso, ovunque ci sia qualcosa considerato fico dalla maggior parte della gente.

 

Erika

Stoppa per capelli, sassi opachi per occhi, un grido stridulo di falco come risata, Erika è una stagista del Ministero degli Esteri.

 

Renzo

Renzo è capace – l’ha fatto poche ore fa – di perdere di tasca (all’imbarco in aeroporto!) un foglietto con scritto – la calligrafia è quella di un bimbo o una bimba sui sei anni – "BABBO TI VOGLIO BENE", accorgersene, e non raccoglierlo.

 

Simona

I generi di nascita sono quattro: dall’uovo, dalla matrice, dal prodigio, dal caldo&umido. Eppure Simona pare sorta dal secco, dal guscio, dal sonno di mattina, dalla carta.

 

Valentina

Valentina inventa continuamente tragedie sentimentali inesistenti: lo fa per rendersi interessante, e non funziona mai. A sedici anni era bella, adesso pare uguale eppure è brutta. Certe volte, quando è proprio molto stanca, Valentina vede una roba nera in alto a destra, al limite del campo visivo.

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Tutte queste cose passare

Proposta

“Una marea di persone ai funerali (forzatamente laici…) di Welby e un deserto davanti al Papa che si affaccia per il messaggio natalizio”.

 

Chi è l’autore di questa proposta?

Marco Pannella?

Emma Bonino?

Cappato? Capezzone?

Il demonio in persona?

 

No, il mio papà.

Muratore in pensione, cattolico da sempre, disgustato per la spietatezza della sua Chiesa.

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Tutte queste cose passare

Notte di Natale

Ci sono migliaia di tragedie in cui perdere i pensieri.

Infiniti i lutti in cui affogare.

Sterminato il mare di sangue.

Un carnaio il mondo.

Io a Natale “ritorno” sempre lì.

A Portopalo di Capo Passero.

A quella notte di 10 anni fa.

A quel mare, io che il mare non lo conosco.

Al silenzio che è venuto dopo.

Al silenzio che rompono in pochi, Tana de Zulueta l’ha fatto da subito.

Continua a farlo. E scrive.

Chissà come funziona una lettera aperta come questa?

La parlamentare si mette lì con un tavolino e aspetta i colleghi che passano per i corridoi della Camera? Scrive una mail a tutti e chi se la sente si fa vivo per aderire? Perché aderiscono così in pochi? Funzionerà? Avete notato quante donne tra i firmatari? Quasi il 50%, quando le donne il politica sono una percentuale bassissima. C’è anche Luxuria, e la metto volentieri nel novero di questa sensibilità tutta femminile.

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Le storie di Scuolamagia

In nome della rosa

Antefatto. Sabato 16 dicembre, nel corso dello spettacolo teatrale natalizio, due compagne di classe salgono sul tavolo al centro della scena, attorno al quale siedono 8 imbarazzatissimi convitati scelti tra il pubblico. Ballano un flamenco battendo ritmicamente i tacchi sul legno marrone e stringono tra i denti una rosa rossa, che alla fine regaleranno a due maschi adulti che – protagonisti di quella improbabile cena – stanno ridendo di gusto. Dopo gli applausi gli inchini gli auguri e i saluti, una delle due ragazzine, mentre sta riordinando con me la palestra-teatro rinviene una rosa – made in china: euro 1 – e mi chiede: “Prof., posso tenerla per ricordo?”. Certo che può.

 

Passano due giorni e al classico “ricevimento dei genitori” un papà entra nella stanza dove mi sono sistemato per parlare di compiti in classe, studio domestico, ordine e disordine, relazioni sociali, comportamento, impegno e interesse, partecipazione e distrazioni. Abbassa il tono della voce e dice che mi deve chiedere un grandissimo favore. Ma proprio grandegrande. Si tratta della rosa, l’altra rosa. La figlia non ha avuto la fortuna di ritrovarla tra le spoglie dello spettacolo finito e sì, anche lei avrebbe voluto un ricordo: quel ricordo. Dice anche di averla già cercata da solo, un’altra rosa, ma che nel paesino di montagna non ne ha proprio trovate. E allora mi chiede se posso procurargliela io, un’altra rosa. Perché ha pensato che a quel piccolo furto di un ricordo deve porre rimedio lui, il papà. Mi invita poi alla discrezione, a consegnargli il prezioso oggetto al riparo dagli occhi della giovanissima alunna e si vede benissimo che ha in mente un momento speciale per sorprenderla e “sedurla” con un gesto dolcissimo e inaspettato.

 

Poi abbiamo parlato dei compiti in classe, dello studio domestico, dell’impegno e dell’interesse… ma si vedeva che entrambi continuavamo a pensare alla rosa.

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Le storie di Scuolamagia

GRAZIE!

Cari Giò, Raf, Corrado e Noemì,

ieri sera è stato meraviglioso guardarvi. Siete stati strepitosi, impeccabili, perfetti. In scena tutto è filato liscio, nemmeno una battuta sbagliata, neanche un movimento fuori posto. Volevo dirvi grazie per averci creduto insieme a me, a questo folle progetto. Per aver pensato insieme a me che si potesse raccontare un’alluvione (quella che nel 1966 ha sconvolto il paese dove abitate) facendo atterrare e risuonare su un palcoscenico l’acciaio di 20 coltelli, e che si potesse raccontare un terremoto (quello che nel 1976 ha raso al suolo il paese dove abito io) calpestando al buio delle semplici scatole di cartone. Grazie per essere entrati nelle vostre parti, per aver pensato ad ogni minuscolo dettaglio. Grazie per non avere litigato mai, per esservi aiutati sempre, per non aver ceduto alla minima reciproca gelosia. Grazie per esservi emozionati, e per avermelo detto. Grazie perché quando non si erano ancora spente le luci dello spettacolo di Natale mi stavate già chiedendo di cosa parlerà quello di giugno, che per voi sarà pure l’ultimo.

Grazie.   

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Le storie di Scuolamagia

D&G

In uno dei due spettacoli teatrali di sabato 16 a Scuolamagia, quello comico, 4 ragazzi entrano in scena nei panni di altrettanti camerieri. Ognuno regge una bottiglia con modi eleganti e decanta le qualità di una precisa annata.

«Annata 1956: DOLCE e delicato…»

«Annata 1981: DOLCE e profumato…»

«Annata 1934: DOLCE e amaro…»

Finché l’ultimo attore, a chiudere la breve accumulazione e l’intero siparietto:

«Annata 1991: DOLCE e… GABBANA»

 

Niente di che, mi rendo conto. Ma in certi film di Natale credo ci siano battute di qualità decisamente inferiore. E poi è farina del loro sacco, e il mio compito è quello di spargerla.

Poi oggi – nel corso di una delle ultime prove, l’ennesima – mi si avvicina il più cucciolo dei cuccioli, Samuele. Uno che si permette il lusso di avere ancora 10 anni e non dimostra neanche un minuto in più. Mi invita a chinarmi quel tanto che basta per sussurrarmi:

«Prof., ma cosa vuol dire “GABBANA”???»

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Tri(e)ste

Trieste oggi pomeriggio si specchiava in un mare incredibile. Il cielo ancora denso di nubi nere lasciava al sole un unico grande spiraglio, sufficiente per disegnare sull’acqua, fino all’orizzonte, una grande macchia di latte.

La città scendeva in piazza per le sue panchine negate, segate via da un’amministrazione comunale desiderosa di sbarazzarsi dell’ingombro di qualche barbone. Ho ripensato all’omone di colore che incontravo per strada ai tempi dell’università. Chissà perché l’avevo battezzato Joshua, come l’albero degli U2. Forse perché era un albero: 2 metri di carne umana sempre imbacuccata in un piumone grigio, una barba lunghissima e grigia, un berretto di lana e degli stivaloni da pescatore. E una faccia che avrebbe potuto avere un senso solo in qualche galera di un film americano. Galera ingiusta, ovviamente.

Non c’era Joshua, in piazza. C’erano tante facce belle e civili. Così belle e civili da farmi sentire una volta di più – e forte – di “non appartenere” ad alcunché. Di non riuscire – parafrasando Saba, a proposito di Trieste – “a immettere la mia dentro la calda vita di tutti”.

In Piazza Venezia c’erano il prof. universitario e la giovane mamma con la carrozzina, il tranquillo pensionato e lo scrittore premiostrega, l’artista di strada e l’affermato cantautore. C’ero anch’io, ma di passaggio, decisamente più a mio agio nello scompartimento vuoto del treno, con un libro sulle ginocchia, o perso tra le strade di una città di mare e di matti.

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Le storie di Scuolamagia

Il Galimba

Quando Umberto Galimberti, su "D", parla (scrive) di scuola, a noi del mestiere viene spontaneo incassare la testa nelle spalle, con le braccia sollevate nel tentativo di proteggerla. E son sberle non da poco.

 

«Ma sarebbe necessario che questi insegnanti, prima di essere assunti nella scuola, fossero sottoposti a un test di personalità per verificare innanzitutto che non abbiano gravi patologie e poi, in assenza di queste, che non abbiano rigidità caratteriali, sfondi marcatamente depressivi, che, oltre a conoscere la materia, abbiano buone capacità comunicative ed empatiche, perché tutti sappiamo che chiunque, e in modo particolare lo studente, non impegna la volontà all’infuori dell’interesse, che l’interesse non esiste al di fuori del legame emotivo, che il legame emotivo non si costruisce quando il rapporto tra insegnante e studente è un rapporto di reciproca diffidenza, quando non di assoluta incomprensione. Non ho mai capito perché se uno è alto un metro e cinquanta non può fare il corazziere, mentre un laureato senza alcuna delle qualità sopra elencate, e magari senza alcuna inclinazione all’educazione degli adolescenti, possa fare l’insegnante.»

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I Babbi Natale appesi alle case degli italiani

Qua si raccolgono adesioni. Qua servono uomini e donne coraggiosi e spietati. Gente poco incline ai sentimentalismi e con un profondo senso della giustizia. Perché si tratta di fare giustizia, perché si tratta di giustiziare. Nella breve e umidissima pedalata di oggi pomeriggio ne ho visti una cinquantina. Impacciati, goffi nel loro abito floscio e spesso sbiadito al sole di questa specie di inverno. Alcuni escono dalle finestre, altri raggiungono ricche mansarde. Tutti offendono la bellezza e l’armonia. Li ho visti in una ferramenta, costano pure cifre irrisorie. Rovinano anche gli edifici già brutti aggiungendo bruttura. Allora, noi si arriva furtivamente e li si arpiona con una fiocina da baleniere. Li si carica nel bagagliaio e si appronta in un luogo segreto un falò purificatore. Sincronizzate gli orologi e attendete il segnale. È giunto il momento di agire.  

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Il Tiranno e la bottiglia

Ci sono parole che nel vacuo blaterare dei giornali (tizio ha detto questo, caio ha risposto che le parole di tizio gli fanno schifo, tizio ha ribadito e affermato che caio è un idiota…) si stagliano come pietre appuntite. Già, le parole che sono pietre. In prima di “Repubblica” lo scrittore Sepúlveda parla oggi di una bottiglia. La bottiglia tenuta in fresco per anni, da aprire il giorno della morte del Tiranno. Bene, quel giorno sembra vicino e ormai ineluttabile. In prima pagina una speranza di morte, una specie di vendetta, un’apoteosi del politicamente scorretto. So chi è stato il Tiranno e l’articolo dello scrittore se proprio non riesco a condividerlo sento di capirlo perfettamente. Però quelle parole hanno un suono particolare e il numero di “Repubblica” di lunedì 4 dicembre 2006 è diverso dagli altri.

La bottiglia – quella bottiglia, con quello scopo – Sepúlveda dice che gliel’ha regalata Vittorio Gassman.  

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Tutte queste cose passare

Il rimpasto

Caro Romano Prodi,

ti invito caldamente a riconsiderare i NOMI che Ti avevo proposto su Pozzanghera, all’indomani della risicata vittoria elettorale. Hai voluto fare di testa tua e hai visto come stiamo messi. Quell’altro, poi, quando non si sente male dice che porta 2 milioni di persone in piazza e soprattutto sa protestare contro il “regime” in diretta su Rai 2 e su Canale 5. Che noi andavamo in differita su Rai 3. Non Ti serbo rancore, credimi, ma questa volta non mi deludere.

Ciao. 

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