Le storie di Scuolamagia

Memoria (2)

La farfalla

Contento proprio contento
sono stato molte volte nella vita
ma più di tutte quando mi hanno liberato
in Germania
che mi sono messo a guardare una farfalla
senza la voglia di mangiarla.

Oggi pomeriggio abbiamo fatto diventare questa poesia di Tonino Guerra una delle tante foglie del Bosco della Memoria. Domani i genitori che verranno a ritirare la pagella potranno raccoglierla e portarsela a casa, per regalarla a qualcuno, per riporla tra le pagine di un libro, per poi perderla come si fa con le cose… Sul muro faremo scorrere immagini del Male Assoluto: volti, ossa, montagne di scarpe vuote, quei binari che sappiamo tutti. La grande stanza è abbastanza buia e piuttosto fredda. Non mi dispiace. La musica è sufficientemente triste. Sono contento: il Giorno della Memoria non si è risolto con la consueta delega al cinema. Il cucciolo più piccolo e più scalmanato, poi, si è appartato in un angolino con il fumetto del post precedente, anche lui attratto dal destino di quegli occhioni. Stava lì, zitto zitto…

Memoria

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Soletta, Stream of consciousness

Carteggio

Cara Sara,

stasera volevo scrivere un bel post, ma non è aria. Non che manchino gli argomenti, no… C’era ancora qualcosina da dire sulla neve dei giorni scorsi, c’era Fiorella Mannoia che ha appena cantato in tv una canzone bellissima e struggente, c’era il disegnone che sto lentamente facendo, sommerso dai miei pennarelli. C’erano i pacs, e c’era quello che vuole attraversare lo Stretto camminando sopra il cavo d’acciaio. Illuso, provi a scrivere su un blog in una notte come questa, notte di aghi nella testa, provi… e poi vediamo cos’è più difficile… Così scrivo a te, piccola, per chiederti se stai bene, se è tutto ok. Sai che io non ti chiedo di tornare (certo: volver…), perché voglio credere che tu te ne sia andata spontaneamente, senza costrizione alcuna. Ci tenevo a salutarti, e a dirti che ti penso quando mi sento un po’ perso, come ti sentivi tu prima di far perdere le tue tracce. Abbi cura di te, buonanotte.

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Soletta, Stream of consciousness

*

Non è più soltanto il titolo di un libro di Pamuk, 4 lettere sul bianco di Einaudi, uno di quelli che sarebbe bello aver già letto. Non è più soltanto un desiderio effimero negli occhi di un ragazzo di montagna. Non è più il nome proprio dell’attrice americana discinta che compare se interpelli Google con le sue immagini. Non è più la congiunzione latina, sempre col congiuntivo.

È concreta, reale. In cielo e in terra. È di tutti, è mia. È lieve, è neve.  

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Le storie di Scuolamagia, Stream of consciousness

Il Sole sprecato

A Scuolamagia da un mesetto sono attive quattro postazioni internet. Considerato il numero totale degli alunni (12), il rapporto è da scuola d’elite. Infatti non mi lamento e infatti si moltiplicano le iniziative volte all’apprendimento attraverso le nuove tecnologie. Nascono nuovi blog, si fanno ricerche, si ritoccano immagini ecc.

Ho notato però un particolare piuttosto inquietante. Un tempo, quando una classe entrava nell’aula di informatica, da sempre lo spazio destinato ad attività comuni di vario genere, c’era sempre qualcuno – grande o piccolo – che correva a alzare le tapparelle. Ora non più, tutti cerchiamo subito quel tasto di accensione, quel mouse, quell’icona sul desktop. Io me ne accorgo dopo venti minuti, di quella luce artificiale, di quelle testoline chinate sui monitor nella penombra. Altri non se ne accorgono nemmeno.

Fuori, nel frattempo, c’è un sole caldo e atipico. Un sole sprecato.  

A completare il quadro ci sono io che vado avanti e indietro per i corridoi cantando forte la bella canzone che mi ronza in testa da giorni…

 

e se c’è un segreto è

fare tutto come se

fare tutto come se

vedessi solo il Sole…

…e non qualcosa che non c’è.”

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Le storie di Scuolamagia

Di sole e d’azzurro

Nicky e Giò – cuccioli di 2ª e 3ª – arrivano il biblioteca verso le 14.30. Appoggiano le custodie, si tolgono la giaccavento. Io sono già lì da qualche minuto, il tempo per accendere il riscaldamento, alzare le tapparelle, spazzare il pavimento, dare ai libri disposti sui tavoli una parvenza illusoria di ordine. Poi ci accordiamo. Poi suoniamo. Già dopo un paio di incontri ho potuto scrollarmi di dosso l’etichetta sproporzionata di “maestro”: i due imparano in fretta, muovono dita giovani e veloci, costruiscono accordi e cercano melodie. Giò è la chitarra melodica, io e Nicky puntiamo sulla ritmica. Io canto, loro per il momento no. Oggi abbiamo cantato e suonato UNA SU UN MILIONE di Alexbritti, GLI OSTACOLI DEL CUORE di ElisafeatLigabue, e un motivetto latinamericaneggiante riemerso dalle mie memorie di musico fallito. Proprio quest’ultimo c’ha dato grandi soddisfazioni.

Mentre accordavo la chitarra di Nicky mi sono accorto che dal suo manico pende un piccolo oggetto identico al piccolo oggetto che pende dal manico del mio strumento, uguale a sua volta al piccolo oggetto che pendeva dalla chitarra del mio GRANDEMAESTRO di 12 anni fa. Cose così.

 

Al termine del concertino di oggi c’è stato il tempo per una parentesi goliardica: i miei due cuccioli hanno interpretato un brano per chitarra classica e raucedine. Ve lo regalo a loro insaputa.

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Le storie di Scuolamagia

Dov’è Sara?

Di ritorno dalle sue vacanze di Natale alle Canarie, abbronzato a dismisura, Corrado corre incontro al suo prof. (che poi sarei io) sventolando un plico cartaceo. Come un regalo, come un segno della sua attenzione per le cose del mondo. L’ultimo argomento della geografia “astratta” e libresca, prima di partire e sperimentare la concretezza del globo terracqueo, erano state per lui certe tragiche vicende sudamericane, certe ingiustizie macroscopiche e anche – perché no – certe seti di giustizia commoventi. Nella sua verifica scritta si era ricordato pure delle madri e delle nonne di Plaza de Majo con i loro ostinati giovedì di denuncia e di protesta. Si era ricordato di certe facce sulla carta ingiallita di certe fotografie. E allora chissà cosa ha pensato – ospite di un luogo linguisticamente affine all’Argentina del suo libro di geografia – davanti al manifesto che ha staccato da un muro, dopo essersi assicurato che ce ne fossero molti altri nei paraggi a svolgere il loro utilissimo compito – e che ha sventolato correndomi incontro una mattina di gennaio. Chissà quali associazioni nella sua giovane mente, chissà.

 

Sara2

Il manifesto ora è appeso in 3ª C, vicino alla lavagna. Mi sembra che renda ancora più unico e originale quel luogo piccolo e accogliente. Ma chi è Sara? Cosa le è accaduto? Ce lo siamo chiesti e abbiamo sperato insieme in una fuga, in un ritorno nel frattempo già avvenuto, in una qualche felicità sconosciuta e trovata finalmente altrove.  

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Stream of consciousness

Reality snow

Bella la gara di sci alpino nella tv che non sto guardando ma ci passo solo davanti per caso all’una di questo sei gennaio però vedo che inquadrano le telecamere impiccione stronze la faccia della sciatrice bionda nordica svedese? svizzera? non importa perché lei è già scesa ha già disputato la sua seconda manche ed è in testa sì è la prima però l’italiana che sta per partire le potrebbe rubare quel posto in paradiso sì si vede che vincere sarebbe un piccolo paradiso e che le dita sono tutte incrociate e la telecamera puttana la inquadra quest’ansia e la fa vedere anche a me poi improvvisamente la rivale italiana fa un movimento strano un piccolo scarto perde l’equilibrio e comincia a rotolare e l’occhio televisivo subito negli occhi della bionda che vediamo che faccia fa se è contenta se fa un saltino se fa finta di non essere contenta ma in fondo si vede che è contenta e magari gliel’ha augurata lei quella sfiga all’avversaria e invece no gli occhi azzurri han dentro uno spaventaccio vero e una paura e un’apprensione e un dispiacere e le mani coprono la faccia e le dispiace per davvero e magari avrebbe preferito essere seconda pur di evitare quella polvere di neve sollevata quegli sci che ruotano a casaccio nell’aria perché quella magari è pure una sua amica o comunque è un’avversaria che se vince brava sei stata brava se mi alleno meglio magari la prossima volta tocca a me e io me la immagino la telecamera malpensante che c’è rimasta male perché al mondo c’è ancora la purezza e la purezza fa meno audience ma cazzo è la purezza e poi c’è anche il lietofine che l’italiana si è rialzata incazzata e con una gran botta sul culo ma sta bene ci riproverà la prossima volta e la bionda nordica svedese svizzera è di nuovo un sorriso radioso e un mare di occhi e dice qualcosa alla telecamera intristita e dentro questo qualcosa mi pare ci sia la parola mamma.

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Res cogitans, Tutte queste cose passare

Save the book

A volte mi dimentico che sono anche un bibliotecario. Forse perché nella mia Biblioteca spesso gli utenti ballano, cantano, liberano i tavoli dall’ingombro dei libri per inscenare travolgenti partite a briscola. Però fa piacere scoprire che il mio PREMIER IN PECTORE si indigna per la politica delle biblioteche statunitensi che eliminano i Classici per sostituirli – classifiche di vendita alla mano – con i bestsellers. Mi diranno i detrattori che però a Roma le strade sono piene di buche, che nella capitale ci sono mille altre cose più urgenti a cui pensare, ma a me l’idea del Sindaco che prende carta e penna per scrivere cose così…

 

«Pensiamo in particolare alle nuove generazioni, ai giovani: sono già troppo circondati da voci che dicono loro che conta solo chi vince o ciò che esiste in quel solo momento, per ricevere lo stesso messaggio da una biblioteca o da una libreria. I libri possono, invece, essere simbolo dell’esatto opposto, di un tempo in cui si possa smettere di pensare solo ad essere “più veloci, più alti e più forti”, e scegliere, come è stato scritto, di procedere “più lentamente, più in profondità, con più dolcezza".» (Walter Veltroni, “La Repubblica”, 04/01/2007)

 

…a me piace un bel po’.

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Soletta, Stream of consciousness

La recensione inutile

«Ma con Ettore leggevamo libri, sai, e ridevamo, anche. Eravamo vicini. Una volta, di nascosto dagli altri, come due che fanno una pazzia, ci siamo stesi nel prato a pancia in su, era quasi notte e c’erano le stelle e in alto i rami degli alberi sembrava si volessero toccare e c’era una buona umidità che veniva su dalla terra e ci abbracciava, come se la terra avesse le dita, dita lunghe e molto fresche, e siamo stati zitti, insieme, zitti e vicini a vedere la notte che arrivava.

Quando mi sono sposata, Ettore mi ha mandato un cesto di rose, gigli, gelsomini: tutto bianco. Nessuno mi ha mai mandato dei fiori così. Mi piacerebbe averti raccontato tutte queste cose prima, aver fatto in tempo, intendo, perché eri troppo piccola. Ma ti sarebbero piaciute, è bello raccontare i propri ricordi a chi si ama, è una maniera per far vivere certe persone anche dentro le teste degli altri che alla fine arrivano a conoscerle, quelle persone, come se fossero amiche loro. E forse se avessi fatto in tempo a farti assaggiare almeno un po’ di questi ricordi ti avrei lasciato un pezzettino di più di me stessa, quella vera che per anni mi ero dimenticata  e che mi sono ricordata di essere, finalmente, quando poi sei arrivata tu.

Dicevo che certi figli forse sono fatti solo di desideri: tu sei la mia voglia di ridere e di stare zitta sotto le stelle e di essere semplice e buona e felice. Poi le cose che cambiano hanno cambiato anche me, ma ci sei tu, stellina, che sei me e sei diversa insieme, così tu, alla fine, che nessuno ti somiglia, ma la luce di quella sera l’hai presa tutta.»

 

«Resta lì, come ti piace fare, a guardare il fuoco come fosse la prima volta che lo vedi, o l’ultima. Annusa l’odore buono del legno che si sfa, segui il viaggio pazzo delle scintille che scompaiono inghiottite dalla cappa, ascolta come scricchiola quel ceppo grande al tocco delle fiamme. Guarda la faccia vecchia del nonno, guardala bene mentre la luce speciale del fuoco la illumina dal basso, ed è come se il fuoco fosse dentro di lui: contagli le rughe, segui con gli occhi il disegno del suo naso, impara bene il colore dei suoi occhi. E mandami, se puoi, qualcuno di questi momenti quando mi pensi: così anch’io avrò più chiare e vicine le cose che vorrei aver scritte dentro e che invece diventano sempre più pallide, e parlano troppo piano, le cose che ho tanta paura di perdere col tuo ricordo, col ricordo di te.»

Il libro che non ti aspetti, quello comperato quasi per caso, quello che non faceva parte della pila delle pagine da leggere. Il libro che non ti ha consigliato nessuno, di cui non hai letto neanche una riga sui giornali. Il libro che non ha cambiato la vita della sua scrittrice. Il libro che costa poco e ha una copertina semplice e infantile. Il libro con il dialogo impossibile tra una mamma morta (in corsivo) e una bimba che forse fa finta di non saperlo (senza una virgola, un punto, una maiuscola), il libro dove un’anima ormai beata confessa la noia e la freddezza della beatitudine, il libro contro tutti i conformismi  e l’ipocrisia dell’etica familiare. Il libro dell’amore smisurato verso la figlia che ti fa risorgere dalle ceneri di un matrimonio senza amore (…perché Ettore, del passo che ho citato, NON è il padre della piccola orfana…). Il libro che non vi dico nemmeno come s’intitola e chi l’ha scritto, e me lo tengo come un segreto.

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