Le storie di Scuolamagia, Soletta, Stream of consciousness, Tutte queste cose passare

Balzana

Rai Tre. Lucarelli. Stasera. Blu notte. Portopalo di Capo Passero. Puntata imperdibile. La tragedia di Natale. Anpalagan Ganeshu. Amico mio. Da tempo. L’idea. Mi ronza. Dentro. Idea strana. Balzana. Bibliotecamagia non ha un nome. A parte “Bibliotecamagia”, che però è solo un nome del cuore. Ha quasi 5 anni, ma si chiama solo “Biblioteca comunale”. Intitolarla a lui, a un tamil, a un uomo, a un fantasma. Ne parlo col sindaco. (La può capire un sindaco una cosa del genere?). Una targa. Di legno. Il suo nome inciso. E una festa. I cuccioli attorno al suo nome. Mumble mumble.

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Res cogitans, Soletta

Pensieri CONCITAti

[…]

«Certo che poi non è vero, pensare che potrebbe succedere all’improvviso qualcosa di terribile non basta e non serve a cancellare gli incubi che ripropongono nei sogni, sotto forma di asfissia o di precipizio, gli incontri sprecati e le vite perse, la bellezza di gesti non capiti o smarriti, lo sciuparsi del poco tempo che abbiamo in una litania di abitudini rituali, appunto, delle quali è bandito il pensiero del buio, il “duende” – il demone della notte – di García Lorca, quello che attinge dove è più fondo per tornare a galla e raccontare la storia vera com’è.

Però aiuta, ascoltare chi è sceso e risalito: perché ciascuno ha il suo lutto, è vero, sia pure quello privo di lineamenti e odori da rimpiangere, di un incontro atteso e mai avvenuto, un figlio mai nato, sia pure un vuoto pieno di assurde e necessarie “cose da fare” ogni giorno. Aiuta persino a tenere il conto quel poco che c’è, perché è un attimo, è un istante e quello che prima c’era non c’è più. Poi si muore anche nel cuore di un altro, non occorre morire davvero, ed è un lutto terribile anche quello: un lutto da svegli.

Bisogna occuparsi d’altro, dice il buon senso corrente, in questo caso: comprare i diari per la scuola dei figli, fare progetti per la settimana, riordinare gli armadi con attenzione assoluta. Ripensare alla storia raccontata da quel monaco buddista nel suo libro Fiori del vuoto: un bambino guarito senza spiegazione da un male incurabile. Guarisce e smette di parlare. Comunica solo con la madre, poco e molto di rado. Sennò tace e ascolta. Un giorno quel bambino sente parlare un’amica della madre della sua lenta e tenace malattia, ascolta la disperazione, le domande senza risposta ripetute all’infinito. Cosa si può fare quando non c’è niente da fare? Allora il bambino parla, 3 parole sole nel silenzio: “Mangiare la paura”. Mangiare il buio, mangiare la paura, non farsi divorare da loro. È una storia cupa e difficile da condividere, lo so. Sarebbe meglio parlare di Beppe Grillo o degli zaini di scuola che pesano troppo, come si fa la sera persino tra amici di una vita. Però certe cose vanno dette, è importante: vanno dette per dar loro dignità di esistere, per cominciare a viverci senza terrore di nominarle».

 

Concita De Gregorio, Invece Concita

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Senza categoria

Nonostante Cesare

Trovato su un blog il dialogo di cui al post precedente. Peccato sia incompleto, e manca il pezzo più importante. Comunque…

 

«Sei la persona per me in assoluto più importante».

«Magari adesso ti sembra così. Poi capita che queste persone più importanti si susseguono, si accendono e si spengono come lampadine. Una volta spegni tu, una volta si fulmina lei. Poi arriva una persona e resta accesa. Passano i giorni e resta sempre accesa».

 

No, senza il finale davvero non rende…

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Soletta, Stream of consciousness

Se lo dice Cesare…

In settimana ho acquistato un libro soltanto per poter regalare tre sue pagine (in realtà 2 e ½). Le altre probabilmente non le leggerò mai. Oggi ho fatto di peggio. O, se preferite, di meglio. Ho tentato di ordinare via internet un libro soltanto per rileggere un  frammento di dialogo, massimo 4 righe. Si tratta della sceneggiatura del film indiano di Francesca Archibugi, Lezioni di volo, per la bella collana dell’editore Marsilio: Nuovo Cinema Italia. Da mesi una scritta procrastinava l’attesa di me spettatore voglioso di divenire lettore: IN USCITA. Ogni volta: IN USCITA. Ancora: IN USCITA. Oggi il desiderio di riflettere su quelle parole era davvero impellente, le volevo, volevo sottolinearle, recitarle, scandirne il suono. Invece, mi sono imbattuto in una ridicola pagina web, che ovviamente sta lì per un errore, ma che con le sua sfacciata sincerità ha definitivamente tarpato le mie ali di lettore. C’è la copertina del volume, con gli occhi di Giovanna Mezzogiorno, c’è il titolo e c’è il nome dell’autrice, c’è una breve descrizione del contenuto e perfino il codice isbn: 883179034X.

Ma c’è soprattutto un’improbabile scritta rossa, in stampatello: NON USCIRÀ MAI / CESARE DICE DI TOGLIERLO DAL LISTINO.

Mi metto il cuore in pace, a malincuore.

Ma chi cacchio è Cesare?

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Le storie di Scuolamagia

Lezioni

Dall’alunno M., ormai diciottenne, è sempre stato bello imparare. Un ragazzo d’altri tempi, austero, armato di saldissimi principi. Tra noi ci sono sempre stati incontri e scontri, incomprensioni ed equivoci. Salvo rincontrarsi sempre in certi luoghi familiari e fidati: la comune passione per il ciclismo (memorabili le nostre sfide mnemoniche), quella per la politica (o qualcosa del genere…), l’eterna dialettica tra il suo conservatorismo (mai banale e qualunquista, però…) e il mio progressismo. E mi ripeto, sono state tante le lezioni che mi ha impartito, ovviamente senza accorgersene. Come quella di ieri pomeriggio in una Bibliotecamagia immersa nell’aria più limpida io abbia mai visto. Stavo chiedendo a Scarpette gialle della nuova scuola, il liceo scientifico, e della nuova vita alle superiori. M., silenzioso e discreto, consultava il computer.

Scarpette: «Sai, non sono l’unica della classe ad avere un blog, anche due mie nuove compagne…»

Io:  «Benissimo, allora te le linki all’istante!»

Lui, M., severo e categorico col suo ex insegnante di italiano:

«TE LE LINKI ALL’ISTANTE??? Ma come censura parli???»

Ops.

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Le storie di Scuolamagia

Joga (mica tanto) bonito

Il vivaio calcistico di Scuolamagia ha sempre sfornato ottimi talenti. Nel corso degli ultimi anni scolastici le ricreazioni non avevano nulla da invidiare agli spot della Nike. Doppi passi, veroniche, sombreri, colpi di tacco: nulla sembrava precluso ai ragazzi del paesello. Quest’anno la musica è cambiata: il tasso tecnico ha subito un crollo verticale e le partite sono il trionfo del campanile, la tattica più utilizzata è il mischione furibondo, chi non colpisce il pallone di punta è proprio perché non lo colpisce, perché lo manca. Gli equilibri sono precari, le movenze scoordinatissime, i palloni varcano con frequenza disarmante l’altissima rete di cinta. Si temono rappresaglie dell’anziano dirimpettaio armato di forca. Eppure… Eppure non c’è un cucciolo che non sorrida, e non c’è una ragazzina che si tiri indietro (ai tempi di alunnomaradona e alunnoplatinì molte fanciulle davano forfait…). Ogni tanto qualcuno chiede il punteggio, il normalissimo “quanto siamo?”, e difficilmente trova un’anima che gli sappia rispondere. L’unico talento superstite tenta giocate impossibili e sembra un ballerino di tango, ma forse ci rimane anche un po’ male quando i suoi numeri d’alta scuola ottengono meno applausi di certi strafalcioni che neanche il Bambino piedestorto dei racconti di Stefano Benni. Personalmente provo a mettere ordine, la faccio girare, fornisco palloni invitanti e urlo come un pazzo quando Samu – sempre lui, che ultimamente sono solito chiamare per la sua immensa gioia “Osamu Tezuka” – solo DAVANTI al portiere, con l’estremo difensore DI FRONTE, FACCIA A FACCIA, carica il sinistro e colpisce di tacco.

Altro che grammatica e tabelline, caro Ministro Fioroni, bisogna tornare al torello.

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Antecronache

Oggi è arrivata una busta, a Scuolamagia. Direttamente da Topolò, dove si sa che le Poste funzionano. C’è dentro il libretto che racconta l’edizione 2007 della Stazione. Immagini e suoni, eventi e poesie. Pagine di rimpianti, in realtà, perché poi quella sera la pioggia non era arrivata e sarebbe stato comunque meglio rischiare, anche se le Valli del Natisone non sono proprio a un tiro di schioppo. E ogni sera ogni scusa era buona, mannaggia. 

Quest’estate era bellissima l’idea di Gianluca Favetto: raccontare un evento prima che questo accada. Recensire un film prima che lo proiettino. Fare “antecronaca”, per giunta da lontano. Poi quelli di Topolò c’avrebbero pensato loro: stampare la mail e appenderla al muro della piazza. Mai viste parole più nude. Un esempio: 

 

«E grazie ad Alina, e lei sa perché, e tutti voi che avete visto lo sapete. Uno torna a dormire e ha ancora voglie di rose».

 

“Voi che avete visto”, quando in realtà l’avremmo visto soltanto a notte fonda, quel sabato 14 luglio, il nuovo film di Alina Marazzi, Vogliamo anche le rose. Nel cinema di Topolò, tra i sassi i ciuffi d’erba e le stelle. 

 

Proprio un’idea bellissima, tanto che ho pensato di rubarla. In una scuola piena di scrittura “post” – le tue vacanze, la tua domenica, il tuo anno scolastico – assegnerò (dio che verbo brutto) degli “antetemi”, parole testimoniate dai fatti e non viceversa, parafrasando gli intenti di Favetto.

Poveri cuccioli, ancora una volta cavie dei miei esperimenti.

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Res cogitans, Tutte queste cose passare

Morta perché viva?

Certi articoli non li leggo per principio. Ma ogni tanto cade l’occhio su un occhiello, su un virgolettato. Oggi sulle parole della madre della bimba scomparsa in Portogallo, rinvenute non mi interessa dove non mi interessa come. Agghiaccianti, anche qualora la madre fosse innocente e Maddie ricomparisse domani felice e contenta di ritorno dal paese delle meraviglie.

«I suoi eccessi di vitalità mi consumano».

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Le storie di Scuolamagia

Sopralluoghi

Abbiamo cominciato, com’era doveroso, accogliendo le due nuove alunne di 1ª. Ognuno si è alzato in piedi e le ha accompagnate nei luoghi a suo parere più importanti e simbolici di Scuolamagia. Il piccolo corteo si è mosso per i corridoi, ha percorso gradini, varcato soglie. Yuri si è soffermato davanti ai computer, ed era d’accordo anche Richy. Agata ha tessuto le lodi della sala spesso adibita ai balli, Francy ha indicato la lavagna, in memoria di certi momenti divertenti. Francy si è ricordata anche il punto esatto del suo primo traumatico colpo di testa nel campetto di calcio. Nicola, pragmatico, ha scelto quello che per lui è il luogo più caldo nelle giornate d’inverno: a una spanna dal termosifone, ottima esposizione al sole. Niky ha indicato l’armadio su cui si è inerpicato il giorno in cui, durante le prove di teatro, gli è toccato fare la scimmia. Samu – che sempre più spesso mi capita di chiamare Hamu, coll’acca aspiratissima e l’accento nipponico – ci ha portati tutti in cesso. Per un attimo ho temuto il peggio e ho lanciato occhiatacce preventive, in realtà ha introdotto le nuove compagne all’utile e provvidenziale presenza del lavandino, luogo di bevute, bevutesudate, spruzzi.

Per parte mia ho voluto celebrare l’angolo del canto, tra le scale e il divano, il pavimento sul quale è stato concepito il primo spettacolo teatrale e in particolar modo la piastrellona dove la solerte alunna Maddalena annotava con una matita tutte le parolacce uscite dalla bocca di quel nuovo bizzarro prof. (oh, non pensate male, roba innocua tipo “culo” e “sfiga”…), e l’angolino appartato di chi è triste e di chi lo vuole consolare. Con la speranza che rimanga vuoto, certo, ma non si sa mai.   

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Soletta, Tutte queste cose passare

Il fuoco fondeva l’acciaio

Tecnicamente sono terzine. Le ha scritte Gianni D’Elia, grande poeta. Le ha lette dentro un disco meraviglioso concepito insieme a Claudio Lolli e al chitarrista Paolo Capodacqua. Un capolavoro. Uno di quelli che la rivista “Diario” definiva “tesori dell’edicola”. Quelle perle che uno può cogliere a volte tra “L’Espresso” e “Eva 3000”, ma soltanto per una brevissima stagione.

Terzine che raccontano l’undicisettembre. E molto altro. Mi promettete che mentre le ascoltate – almeno 5 volte, ovvio – chiudete gli occhi?

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Imago, Stream of consciousness

Scaldare il mondo essendo sole

Maggie

Notate che grazia il naso coccinelloso del sole-amaca. Ammirate il colore steso ad uncinetto, fili arancioni intrecciati con la tecnica del macramè. Vogliate cogliere la dotta storica citazione: i Ronfi che popolavano il “Corriere dei Piccoli”. E gli occhi del Lupo strafatto? E la casetta? Potremmo forse definirla, utilizzando il termine di un’importante pittrice, una “casa ubriaca”?

“Scaldare il mondo essendo sole”. Non può essere che questo il titolo dell’opera, tanto più che l’autrice è Lei.

“Belle le domeniche di cicale” è il verso più bello e poetico di questa mia estate che finisce.

Sono belle anche certe mattinate di matite, però.

E le mani che piegano i vestiti, anche.

E gli sguardi che proteggono.

E le anime quiete come cose al loro posto, così tanto che si addormenta anche la gatta.  

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Soletta

A volte ritornano

«Lo sai cosa succede quando ferisci le persone?» disse Ammu. «Quando le ferisci, cominciano a volerti meno bene. Ecco cosa fanno le parole sbadate. Fanno sì che gli altri ti vogliano un po’ meno bene».

Una fredda farfalla notturna con ciuffi dorsali inusitatamente fitti atterrò leggera sul cuore di Rahel. Dove le sue zampette ghiacciate la toccarono le venne la pelledoca. Sei pelledoche sul suo cuore sbadato.

La sua Ammu le voleva un po’ meno bene.

 

Arundhaty Roy, Il dio delle piccole cose

 

Scopro dalla bella trasmissione radiofonica Perle d’Oriente, per mano della caterpilleriana Sabrina Provenzani, che la mia scrittrice straniera preferita sta per tornare, dopo anni di attivismo politico, alla letteratura e alle Storie. Mi siedo qui in riva al fiume – è il Narmada – e aspetto con ansia.

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Stream of consciousness, Tutte queste cose passare

Elogio dell’Atletica

L’atletica leggera è un mondo ricco di storie. Nonostante l’inarrestabile invadenza del business, conserva un fondo di umanità inattaccabile. Merito delle origini classiche, forse, oppure dei ritmi delle gare, con quell’ascesa emotiva dalla concentrazione (letta negli occhi) alla suspance fino all’eventuale catarsi. Dipenderà da quel misurarsi con il limite umano per tentare di varcarlo: per un centimetro, per 8 centesimi di secondo. Sarà che tagliato il traguardo, spiccato il salto, lanciato l’attrezzo ci sono sempre quello che ha vinto e quello che ha perso, con le loro facce agli antipodi, e nessuna polemica, nessuna protesta.

Le storie, dicevo. Ogni volta che vedo la falcata di Kenenisa Bekele, mi sembra di veder correre al suo fianco la sua ragazza, Alem, esattamente come durante il tragico allenamento sugli altipiani in cui la giovane si accasciò per sempre, col cuore stanco di pulsare.

Bisogna guardarlo bene negli occhi, Kenenisa che corre i 10.000 in 26’17″53. E poi pensare agli occhi di Materazzi che si rialza dopo la testata, e a quelli di Zidane e perché no?, a quelli di sua sorella.

Non sono niente male anche gli occhi di Blanka Vlašić, saltatrice in alto. Brava, bella, sexy e famosa. Ma dov’è la “storia”? Semplice: nel tempo libero cotali occhi croati e fuggitivi sono puntati su un bianco foglio e sui tratti di una penna. Scrive poesie, Blanka Vlašić. Fossero pure bruttissime, pensate a come sarebbero quelle di Materazzi…

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