Soletta

Zal

Quando Zal nasce, sulle rive del Kura, la magra Inizla forse dà nel parto un grido così forte che la piccola s’assordisce, o forse la bambina era già sorda nel ventre della madre, che non ha comunque modo di addolorarsi, perché poco dopo, silenziosamente, muore. Ma di sicuro, se vivesse, come ogni altro Inizla non si dispiacerebbe della mutezza e della sordità della piccola, perché già dalle prime settimane, dai primi mesi, appare chiaro che Zal vive nel corpo animato singolari percezioni e parole, vivi nomi: forse ricevuti da Inizia, che in questo si è consumata, o forse dalla piena, perfetta cura, dai toccamenti d’amore, dalle calde azioni che il padre Nuhoc, per amore di Inizla e di lei, le dona, e i parenti, e l’intero villaggio, per sacra e innamorata memoria della madre, e per affetto al padre, e alla generosa e antica famiglia: cura, toccamenti e azioni alla piccola, senza concederle mai, fin dal principio, la solitudine dei sordi, la tristezza dei muti: o forse qualche dio la protegge e le parla: sicché Zal, subito, guarda le cose con intensità e intimità, e tocca con le mani allegramente, e con l’intero corpo agile, che, similissimo a quello benedetto di Inizla, resterà sottile fino alla vecchiaia, se mai arriverà alla vecchiaia, questo nessuno lo sa, nessuno lo può dire: e dunque Zal mostra, esercita, comunica fin dal primo tempo della sua vita una conoscenza pacata di ciò che è fuori e dentro lei, insegna a se stessa e agli altri, che pure le hanno aperto la via, un codice di sillabe tattili, gesti, calori segnanti, del corpo intero, una danza di parole, un canto di carne bruna. Certo le ha giovato la pazienza di Nuhoc che, caso assai raro in ogni tempo del mondo, non la sente e giudica come assassina della madre, ma come perfezione di lei, suo prolungato fruttare: lui le ha mostrato cose e mostrato nomi, e metamorfosi di nomi, e ha alluso quelle immostrabili con gesti di volontà, di precisione e spirito, di cui Zal capisce fin dall’inizio più di quanto, all’inizio, sa mostrare: Ma più che dalle persone Zal impara segni, sensi e linguaggi dalle cose: acque di fiume, sassi , luci, notte, insetti, fiori, cibi, le vacche pazienti, le capre: la gialla Godesh: la preferita, la neve d’inverno, le stelle, il calore della pancia di chi partorisce, presso cui la portano come vivo efficace amuleto, la curva delle corna del bue, il piccolo mestruo precoce, pochissimo doloroso, l’ispida guancia del padre che s’ingrigia, l’odore del seme di curga nel giardino, quello aspro e dolce della nonna, il vibrare delle piante al vento, la riseccatura d’argilla attorno allo stagno, giugno, il salto della cavalletta, il tempo, il dove degli eventi, la sorpresa, i generosi spalancamenti d’ala del gallo, il compagno cuore che dentro le batte, le batte, infinità concreta.

 

Roberto Piumini, Caratteristiche del bosco sacro

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