Res cogitans, Soletta

Pensieri CONCITAti

[…]

«Certo che poi non è vero, pensare che potrebbe succedere all’improvviso qualcosa di terribile non basta e non serve a cancellare gli incubi che ripropongono nei sogni, sotto forma di asfissia o di precipizio, gli incontri sprecati e le vite perse, la bellezza di gesti non capiti o smarriti, lo sciuparsi del poco tempo che abbiamo in una litania di abitudini rituali, appunto, delle quali è bandito il pensiero del buio, il “duende” – il demone della notte – di García Lorca, quello che attinge dove è più fondo per tornare a galla e raccontare la storia vera com’è.

Però aiuta, ascoltare chi è sceso e risalito: perché ciascuno ha il suo lutto, è vero, sia pure quello privo di lineamenti e odori da rimpiangere, di un incontro atteso e mai avvenuto, un figlio mai nato, sia pure un vuoto pieno di assurde e necessarie “cose da fare” ogni giorno. Aiuta persino a tenere il conto quel poco che c’è, perché è un attimo, è un istante e quello che prima c’era non c’è più. Poi si muore anche nel cuore di un altro, non occorre morire davvero, ed è un lutto terribile anche quello: un lutto da svegli.

Bisogna occuparsi d’altro, dice il buon senso corrente, in questo caso: comprare i diari per la scuola dei figli, fare progetti per la settimana, riordinare gli armadi con attenzione assoluta. Ripensare alla storia raccontata da quel monaco buddista nel suo libro Fiori del vuoto: un bambino guarito senza spiegazione da un male incurabile. Guarisce e smette di parlare. Comunica solo con la madre, poco e molto di rado. Sennò tace e ascolta. Un giorno quel bambino sente parlare un’amica della madre della sua lenta e tenace malattia, ascolta la disperazione, le domande senza risposta ripetute all’infinito. Cosa si può fare quando non c’è niente da fare? Allora il bambino parla, 3 parole sole nel silenzio: “Mangiare la paura”. Mangiare il buio, mangiare la paura, non farsi divorare da loro. È una storia cupa e difficile da condividere, lo so. Sarebbe meglio parlare di Beppe Grillo o degli zaini di scuola che pesano troppo, come si fa la sera persino tra amici di una vita. Però certe cose vanno dette, è importante: vanno dette per dar loro dignità di esistere, per cominciare a viverci senza terrore di nominarle».

 

Concita De Gregorio, Invece Concita

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