Gent.ssima Sig.ra Monica Bellucci,
mi scuso con Lei per l’orribile sibilo che nel corso della mattinata odierna ha molto probabilmente infastidito il Suo mirabile udito. Erano i miei studenti, gelosi della Sua fama e delle Sue generose forme. Abbia pazienza, sbollirà anche il loro astratto furore. Voglia gradire i saluti più cordiali.
Non sono di parte, davvero…sono anzi molto, molto obiettiva. Ma che ci fa quella in copertina al posto di chi so io? (sgrunt)
Al lavoro, in Carnia, dove tutti-sanno-tutto-di-tutti: “Lo conosci questo, che è di Gemona?”, “Fammi vedere… minchia!”.