Stream of consciousness

Mele

C’è stato un tempo in cui camminavo le strade senza occhiali. Era il metodo Bates, che curava la miopia bandendo gli orpelli tecnologici. Bastavano i massaggi delle proprie mani calde e un po’ di sole. Pazienza le figuracce con gli amici incontrati ma non visti lungo il cammino. Poi venne una fascinosa oculista con la sua sentenza: di quelli come il dott. Bates son piene le galere.

C’è stato un tempo in cui camminavo le strade mangiando mele. Mele di strada.

Mele d’autunno, mele d’inverno. Mele verdi e mele gialle. Mele biologiche. Bollini di mela appiccicati al dorso della mano, o sulla fronte di qualche bella compagnia durante una camminata. Mele nel pomeriggio, mele a sera. Mele a Trieste: mele in riva al mare, mele nel vento. Mele nelle poesie. (Non sono mai stato l’ombra di un volo / alto nel cielo sopra / un piccolo fiore di prato in un / tramonto di mela. Io / sono sempre stato un piccolo fiore sotto / l’ombra alta nel cielo del tuo / volo.) Mele canzoni: “io vorrei rivederti per tutte le sere / che ho guardato la tua foto in un vaso di mele”. Mele di fretta, e torsoli presi a calci senza rabbia. Mele passate, di mano in mano. Morsi accettati, e ben volentieri.

Ci sono ancora, sono ancora tutte lì: le mie mele. Le rivedo oggi, dopo aver stretto per strada quella buccia gialla, addentando una polpa dolcissima e il freddo di una mattina di novembre. Era da una vita. Ci sono ancora, e io mele ricordo.  

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