Soletta, Stream of consciousness

The scaffolder’s wife

Uno poi ci ripensa a sera, dopo che la giornata ha riservato mille altri rovelli, ha permesso di interagire con altre vite e di canticchiare altre canzoni. Riecco la piccola curva, riecco il buio. Uno risente anche le note del disco che stava ascoltando, alle 06:54: Mark Knopfler, chitarra e voce gentili. Uno rivede la breve fila di automobili provenire dal senso opposto, con il passo lento degli operai appena alzati, in bocca il sapore di caffè. Poi ecco la Golf nera, due luci fortissime a destra delle altre luci. Il rumore nervoso di un motore nervoso, quattro ruote velocissime, la bocca asciutta dei senzacaffè. E il tempo di nessun pensiero, di nessuna azione. Soltanto, a posteriori, la consapevolezza che alla stronzaggine del sorpasso avventato si è potuta sommare l’altrettanto assurda capacità di schivare all’ultimo istante la mia macchina quieta. Uno poi ci ripensa a sera, a quel secondo dentro il cinquantaquattresimo minuto dopo le sei di mattina. Al fatto che potesse essere quello in cui. Ecco, appunto. Gran bel disco, Mark Knopfler, soprattutto la traccia numero 2.

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