Res cogitans, Soletta, Tutte queste cose passare

Il manoscritto ritrovato

Spesso si creano dei legami tra i libri che leggiamo e certi luoghi che frequentiamo. C’è il classico libro da comodino, da leggere a sera, a cose fatte, provate a portarlo in cucina e non vi emozionerà allo stesso modo. C’è il libro rasoterra, sul tappeto ai piedi del letto. C’è il libro da salotto e c’è il libro da terrazza – estate o inverno, purché fuori. Poi ci sono anche i libri-ovunque, certo, ma sono rari. Il libro che Sabina Rossa ha scritto su suo padre è il mio libro da macchina.

È rimasto lì, sul sedile posteriore, da quando l’ho acquistato in un ipermercato la vigilia di Natale (ho già scritto, una volta, della mia difficoltà nel coniugare letteratura e grande distribuzione). Sono passati due mesi e piano piano è andata avanti anche la mia lettura, tristemente parcellizzata, aspettando qualcuno in  ritardo o pagando il prezzo di essere uno che arriva sempre in anticipo. Giovedì mattina, in uno di questi momenti sospesi – la scuola apre alle 7.50, mica alle 7.25 – ho scoperto il segreto di pag. 165, e della successiva e poi ancora. Nella sezione “Documenti”, compare una lettera del sindacalista, meravigliosamente scritta a mano, in una calligrafia bella e precisa, femminile. Un testo del 1970, denso di pensiero, di idealismo, di politica e di senso. Un vero manifesto, quasi un organico programma politico, capace già allora di guardare ad un modello sostenibile di sviluppo. Parole bellissime, con pò e stà, con lucidità e sogno. Fossi un editore lancerei subito una collana di libri manoscritti…     

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