Soletta, Stream of consciousness

La recensione inutile*

Succede che ne conosci solo il testo, disponibile on line (uno di quelli, rari, che se “fai tasto destro-copia” ti dice non ci provare, stronzo, questo è un gioiello e per i gioielli bisogna passare dal gioielliere). Ti accorgi subito che è prezioso, musicale anche senza musica. Ma è musica quello che vuoi. La vuoi infilare nelle orecchie come un tappo che copra le grida che senti. Vuoi che ti prenda per mano e ti dia quiete. E vuoi regalarlo, quel miracolo di note e parole. Vuoi regalarlo subito a chi più ti sta a cuore, a chi ne ha bisogno almeno quanto te. Vuoi una canzone e la cerchi nel mercato nero della musica e delle immagini, ti infili senza vergogna nella tomba del diritto d’autore e digiti e ridigiti e ci metti un bel po’ prima di arrenderti. Poi viene sabato e puoi prendere la macchina, cercare la via maestra di un negozio di dischi, entrare, non pensare nemmeno per un momento che quel CD originale già lo possiedi e che quella riedizione con una canzone inedita è quanto di più sconveniente possa capitare alle tue finanze. Ma è come se la sentissi già, l’arpeggio in minore, il controtempo delle percussioni, il mormorio della voce, le parole che parlano foglie e respiri, e labbra e incendi. Esci e pensi che se in te c’è qualcosa da capire non lo capirà mai nessuno.  

 

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