Res cogitans, Tutte queste cose passare

Leggersi la mano

Nadal

Allora, parliamone. Rafael Nadal, numero 2 del ranking mondiale, quando scende in campo con la sua racchetta sente il bisogno di scrivere sul dorso della mano i capisaldi del suo tennis, i fondamenti del suo stare sul terreno battuto, erboso o sintetico.

“Posizione in campo”.

“Concentrazione”.

“Coraggioso” (“aggressivo”, secondo altre versioni).

“Palla lunga”.

Insomma, il giovane tennista spagnolo prima di un match prende un pennarello e “fa il punto” prima di fare i punti.

Nessuno slogan, nessuna antica saggezza, nessuna massima zen, nessuna frase ad effetto, nessun messaggio d’amore stile Manaudou. Soltanto parole di buon senso: quale tennista potrebbe infatti mai prescindere da concentrazione e posizione in campo?

Esibizionismo, chiosano i commentatori più cinici.

E se lo facessimo tutti? Se ognuno di noi sulla mano portasse ogni giorno scritti obiettivi e princìpi, norme deontologiche e orizzonti da raggiungere nel futuro prossimo?

La mano di Veltroni: “Pacatatezza”, “Un colpo al cerchio, uno alla botte”, “Partito moderno”, “No questioni etiche”. Quella di Berlusconi: “Barzelletta per sciogliere il ghiaccio”, “Complimenti alle Signore”, “Menzogne della Sinistra”, “Brogli elettorali”. Quella del Papa: “Difendi la vita”, “Fai la faccia seria”, “Di più!”, “Esiste”.

Quella di Roger Federer: “Hai praticamente già vinto, pensa che il tuo avversario ha bisogno di scriversi sulla mano…”.

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