Le storie di Scuolamagia, Res cogitans, Tutte queste cose passare

Chiuso per ferie

Martedì mattina, giorno delle elezioni presidenziali, uscendo di casa sulla Pacific Avenue ho notato una fila di persone di fronte al garage del mio vicino. Ho pensato che avesse messo fuori un cartello «affittasi»: a San Francisco la caccia alle abitazioni è tale che appena se ne libera una si formano code per la strada. Invece no, era una fila di elettori. Il vicino aveva messo a disposizione il garage come seggio per le presidenziali. Fuori, neanche un poliziotto. A segnalare il seggio, solo un foglio all’ingresso del garage con l’avviso: «Oltre questa soglia è vietata la propaganda elettorale» (negli Stati Uniti è consentito fare campagna anche il giorno del voto). Niente scuole requisite, nessuna mobilitazione di forze dell’ordine.

A Milano ho sempre votato al seggio di via Ruffini, in una scuola media statale, sotto la vigilanza dei soldati in divisa. Un cerimoniale ben diverso rispetto alla semplicità rudimentale del garage del vicino di casa dove si è scelto il presidente degli Stati Uniti. La più grande democrazia del mondo vive le elezioni senza quelle esteriorità un po’ allarmanti (l’esercito a guardia dei seggi, i ragazzi in vacanze forzate dalla scuola) che in Italia sembrano voler dare un carattere drammatico all’esercizio della sovranità popolare. Sempre nel mio quartiere, sulla via Van Ness, un’agenzia bancaria si era offerta come sede elettorale. Ma martedì mattina l’impiegato che ha le chiavi si è scordato che le elezioni cominciavano alle sette. Si è presentato alle otto e mezza, orario di apertura delle banche. In quell’ora e mezza, per non mandare via gli elettori, il presidente del seggio li ha fatti votare all’aperto con le schede appoggiate sui cofani delle auto posteggiate. Qualcuno ha brontolato per la scarsa privacy, ma le operazioni di voto sono andate avanti. Poi è successo quel che sapete in Florida, e la pacifica normalità delle elezioni americane è scivolata nel caos, nella paralisi, nella rissa. Allora sono stato assalito dai dubbi. Forse un po’ di drammaticità «all’italiana » avrebbe salvato queste presidenziali dalle tante irregolarità? Però anche in Italia non si ricorda uno scrutinio che non fosse seguito da ricorsi (in genere da parte di chi ha perso: Berlusconi qualche anno fa sosteneva che i comunisti gli avevano rubato una vittoria a furia di brogli al Sud). Rumori di fondo, che non fanno notizia, e a cui ormai gli italiani non danno gran peso.

[…]

 

Federico Rampini, San Francisco-Milano, La Terza

 

…domani e dopodomani i cuccioli di Scuolamagia (10!) non avranno diritto alla loro fetta quotidiana d’istruzione per non ostacolare il diritto di voto dei loro pochissimi genitori. In una struttura di due piani con 6 o 7 stanze, con due gendarmi e una mezza dozzina di scrutatori all’opera.

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