Soletta

Fare la punta alle cose

Non è riuscito a dormire tutta la notte. Si è assopito quando ha cominciato ad albeggiare. Ha smesso i pensieri e non è stato disturbato dai sogni. Disteso nel letto, con la luce del corridoio che entrava smorzata da una mezza finestra in cima alla parete, ha scritto. In penombra. In attesa. Senza aprire il quaderno. Senza usare la penna. Scrivere. È una parola. Un verbo. All’infinito. Che va da qui all’infinito. Dal punto dove la prima parola si ferma sulla pagina fino all’infinito, anche se i più non lo credono o non lo immaginano, ha pensato. È un’azione, ha pensato. Una paura e un piacere – scrivere. La paura funziona come briglie, con la paura trattieni la corsa, la spudoratezza di un piacere che, una volta soddisfatto, non è più. Il piacere, a sua volta, impedisce alla paura di annichilirti. Cerchi di raggiungere quello, liberandoti di questa – ha pensato. È un’altalena fra il piacere e la paura, scrivere. È osservare, lasciarsi osservare dalle cose. Temperare le cose.  Fare loro la punta per infilarle in un pagina, in una storia, ha pensato, che è un po’ come infilare un ago: bisogna fare attenzione, avere cura, non chiudere gli occhi e prendere bene la mira.

 

Gian Luca Favetto, La vita non fa rumore

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