Le storie di Scuolamagia, Soletta

T(r)ema in classe

A pag. 185 di un bel libro di Simona Vinci c’è un racconto intitolato In viaggio con le scarpe rosse.

Una storia a due voci, con due punti di vista. Tre? Facciamo due e mezzo. Sì, perché lo sguardo è di volta in volta quello di una madre o quello di due gemelle di tredici anni. Il tema dei gemelli, bravi, proprio quello: fascino e  mistero. Paura? Anche. La mamma e le ragazze si trovano su un aereo insieme a Miou, marmocchietta di 4 anni che un giorno ha iniziato a piangere e non ha smesso più. I pensieri delle gemelle, pensieri all’unisono, sono freddi, asettici, imperturbabili. Perché Miou sta piangendo? Perché non smette mai?

Un giorno Miou ha visto con i suoi occhietti le due sorelle spingere suo padre – il loro patrigno – da una terrazza all’ultimo piano fino a sfracellarsi al suolo. Un uomo violento e crudele, e – per grande fortuna delle due adolescenti – indebitato fino al collo. Suicidio, per gli inquirenti: il caso è chiuso. Tranne che per Miou.

Perché vi racconto in estrema sintesi tutto questo rovinandovi pure un’eventuale lettura?

Perché a me interessa che scopriate – se maggiorenni – come il mio alunno Yuri ha tentato di dare un seguito alla storia nel suo compito di italiano.

Per la cronaca ha preso Distinto +, e gli arresti domiciliari.

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2 thoughts on “T(r)ema in classe

  1. utente anonimo says:

    Erano passati 2 anni da quando Marcella e Giacinta, Miou e la madre si erano trasferite a Bologna, dai parenti. La loro vita trascorreva serena, anche Miou si era calmata, e ora non piangeva mai; neanche quando correndo sui marciapiedi le capitava di fare qualche tombolone e di sbucciarsi le ginocchia. Era sempre fredda e lontana, non parlava quasi mai e non rideva, se ne stava sempre nella sua camera a disegnare uomini stesi per terra, morti. Quando sua madre le chiese chi fossero le persone che disegnava lei rispose con voce fredda e sottile, quasi metallica:

    – Mio padre.

    A quella risposta la madre ebbe un sussulto, e vide negli occhi di sua figlia un’oscurità maligna che non aveva mai visto. Da allora ebbe paura di Miou. Marcella e Giacinta erano diventate belle ragazze, corteggiate dai ragazzi e invidiate dalle coetanee; anche i cugini le corteggiavano, ma loro non ci facevano caso. Erano alte e magre e avevano delle belle curve; la madre era molto orgogliosa delle figlie, e avrebbe voluto essere come loro.

    La loro vita andava avanti abbastanza bene, fino al 15 agosto, quando la madre trovò nel salotto i parenti tutti squartati, il pavimento era un lago di sangue, i cinque cadaveri erano tutti ammassati, sotto al cumulo c’erano organi e pezzi di corpo umano: dita, piedi, occhi, mani tagliate a metà, ricordavano il quadro Guernica di Pablo Ricasso.

    La reazione di Marcella e Giacinta e della loro madre fu un urlo straziante, e per la prima volta nella loro vita sentirono Miou ridere.

    Passati altri due anni le cose erano rimaste uguali, avevano paura che prima o poi sarebbe toccata la stessa sorte anche a loro.

    Una sera le gemelle stavano guardando la TV, quando Miou arrivò con un foglio in mano e lo porse loro. Rimasero impaurite e sorprese: il disegno le rappresentava mentre buttavano giù dal balcone suo padre. La sentirono ridere, e capirono cosa stava per succedere, non riuscirono neanche ad alzarsi che si trovarono due coltelli da cucina nella pancia e caddero a terra agonizzanti. La madre arrivò insospettita dai rumori e vedendo quella scena gridò a Miou:

    – Che cosa hai fatto?!

    La risposta della figlia fu una risata satanica, estrasse i coltelli dai corpi delle sorelle e si preparò a colpire la madre che nel frattempo guardava le figlie, Marcella non si muoveva mentre Giacinta era ancora sofferente e si teneva la ferita, Miou si avventò sulla madre ferendola ad una gamba, il sangue fuoriusciva copiosamente, cadde a terrà urlando per il dolore; Miou stava per sferrare un affondo quando Giacinta spinse la sorellina un metro più in là facendole cadere i ferri dalle mani, allora cercò di immobilizzarla, Miou tentò di divincolarsi dalla presa con graffi e morsi; in quel momento la madre prese uno dei coltelli e capì cosa doveva fare; si avvicinò alle figlie e mise la lama sul collo di Miou, le due si arrestarono, guardò Miou, e con suo grande stupore la figlioletta le stava facendo un’espressione molto triste che non si sarebbe mai aspettata da lei. Le fece pena e con le lacrime agli occhi le disse:

    – Mi dispiace, Miou.

    Le tagliò la gola, il sangue caldo della figlia schizzò sulla faccia della madre, Miou morì sul colpo.

    Erano passati alcuni mesi e le due donne stavano andando all’estero, volevano cambiare vita, dimenticare tutto, ma era difficile dimenticare. La madre era rimasta sconvolta da quello che aveva fatto, e giurò che non avrebbe avuto più figli per paura che diventassero dei mostri come Miou. Aveva perso troppo nella sua vita: i parenti, due mariti e due figlie, non voleva perdere più niente di importante per non soffrire più. Giacinta non rivelò mai a nessuno quello che aveva fatto con sua sorella, un segreto che ora più che mai le pesava, un segreto che probabilmente si sarebbe portata nella tomba.

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