Cineserie, Res cogitans

Il sabato del villaggio olimpico

Nido

Mi sono affacciato sul quartiere e sul villaggio olimpico. Ho gironzolato attorno al Nido, che due anni fa mi aveva letteralmente travolto con la sua carica futurista. Era ancora in costruzione, vibrava di scintille. Oggi è un pacco regalo pronto da scartare. Attorno turisti cinesi sono ansiosi di vedere cosa contenga. Intanto, nel suo parcheggio almeno un centinaio di camion militari stanno scaricando una marea di soldatini imberbi: imparano a presidiare e a difendere. Un altro esercito, i volontari. L’Adidas li ha forniti di maglietta coloratissima, pantaloncini e scarpe da ginnastica. Sono giovanissimi e si muovono a piccoli gruppi. Una ragazza accompagna l’amica in lacrime lontano dal plotoncino, immagino sia stata cazziata da un “colonnello”. Gli alberi attorno allo stadio hanno qualcosa di posticcio, sono stati piantati da pochi giorni e sono retti ancora da trespoli di legno. Non hanno radici, non faranno in tempo. Ecco la chiave. Tutto mi sembra mancare di radici, nulla penetra nel terreno. Le Olimpiadi sono in fondo un grande carrozzone, una grande giostra che arriva, si accende di luci e di fuochi e… riparte. Il Nido, lui sì, le radici le ha, ma sono nel futuro.

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