Le storie di Scuolamagia, Res cogitans, Stream of consciousness, Tutte queste cose passare

Sete in condotta

Chi non ha a che fare con bambini e ragazzini in età scolare non può saperlo, e allora lasciamolo gioire per il ritorno di autorevolezza e autorità, per il trionfo di serietà e rigore. Però noi, noi che lo sappiamo, noi che abbiamo visto gli occhi posarsi sull’insufficiente (da domani: 5) o sul gravemente insufficiente (da domani: 4) scritti in rosso e poi volare subito altrove, verso altri sogni, verso altre tragedie, verso un semplice orizzonte di tempo meravigliosamente perso a guardare oltre un vetro, rimuginare un gesto, un suono, un colore. O una parola, ascoltata magari a scuola, ma non certo quella scritta su un compito in classe o un registro di professore. Una volta ho detto a una ragazzina – credendo superficialmente di averle rivolto un complimento – che la trovavo “strana”. Dio solo sa il peso di quella parola fuoriposto (la mia idea di stranezza evidentemente non corrispondeva alla sua), conficcatasi come un chiodo in quei pensieri… Perché “strana”? Perché “vergognati”? Perché “tutto quello che fai è sbagliato?”. Perché “rovini sempre tutto”? Perché “sei un cretino”? Perché “cosa direbbe tua madre se ti vedesse comportarti così”? E perché tutte queste parole sbagliate che si dicono (e le dicono i grandi) a scuola e alle quali nessuno appiopperà mai un 5+?

Di cose alte, di cose importanti gli alunni italiani hanno sete. Sono pieni di sete. Beati quelli che si accontentano di pensarli pieni di sette. Tranne in condotta, ovvio…

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