Imago, Soletta, Stream of consciousness

Il tempo di una vita

La voce di Lesley McIntyre ti fa propendere per la superiorità antropologica degli anglosassoni. Ha movimenti quieti, è un’onda dolce, è cuore e ragione perfettamente mescolati. La ascolti parlare e stringi tra le mani la magna charta, vedi la gloriosa rivoluzione da un civilissimo spalto, fai un bagno nell’habeas corpus. Eppure è soltanto una madre innamorata della figlia, eppure sta raccontando soltanto le passeggiate in un parco o i tuffi in mare lungo le coste del Galles. Parla ai pochi abitanti accorsi ad ascoltarla in una piccola città del Friuli, grazie ad una donna assessore che non sa trattenere le lacrime e probabilmente è consapevole di aver organizzato una serata così impopolare da giocarsi la ricandidatura. Parla delle sue fotografie in bianco e nero, Lesley, e del pudore nello scattarle. Dice con onestà di trovarle tutte belle, ma non per un vizio di superbia: ehi, il soggetto è la sua bimba! Può sembrarti brutta una foto della Tua bimba?

Le immagini. Parlano anche loro. Parlano la stessa lingua di questa madre fotografa. Se possibile parlano ancora di più. Come la volta in cui Molly è rimasta per pochi secondi sola, giusto il tempo di recuperare il phon a pochi metri e asciugarle i capelli dopo il bagnetto. Un piccolo momento di solitudine, difficile per chi deve sempre avere attorno (e addosso) mani che curano e sostengono, ma anche un momento di dignità, di autonomia, di sperduta padronanza di se stessa. E di bellezza da immortalare.

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