Esattamente un anno fa a quest’ora ero al telefono con un grandissimo fotografo. Uno che nell’ambiente chiamano “il teleobbiettivo di Dio” e scusate se è poco. Sarebbe dovuto venire a Scuolamagia per un servizio fotografico e mi parlava di sfondi con le mucche. Mentre gli spiegavo che le mucche proprio non avrei saputo dove recuperarle, i miei occhi si erano posati sul televisore acceso senza l’audio riconoscendo un effervescente Giorgio Ferigo con il microfono in mano e un chitarrista al fianco. Bene, ricordo di aver pensato, era ora che si decidesse a far uscire un nuovo disco. Insolito questo mio ottimismo: un bicchiere mezzo pieno, decisamente troppo pieno. Giorgio Ferigo era morto, il suo bicchiere vuoto per sempre.
Devûr chê prima muàrt, âtas vegnèrin-daspò
ma simpri mancul grivias
fin a chê di cumò
(Dopo quella morte, altre seguirono,
ma sempre meno atroci
fino alla presente)
G. Ferigo