Cineserie, Res cogitans, Stream of consciousness, Tutte queste cose passare

Terremoto

Io l’ho saputo così. Con una foto. Erano le sette di mattina. In camera mia e sull’homepage del grande quotidiano punto it. Nella grande foto (non ho voglia di cercarla, tanto è come se la vedessi anche in questo momento): due donne. Un’anziana con lo scialle, curva e disperata; una donna orientale (cinese?) a sorreggerla con braccia badanti: giovanissima, solida e pressoché impassibile. Un gesto semplice: sostenere e guidare in una lentissima fuga. Un gesto semplice, una metafora fortissima. Sullo sfondo un paesaggio irriconoscibile di macerie, nuvole di polvere sollevata dai crolli, altri corpi a brancolare.

Dopo l’immagine, subito un pensiero, per il quale dico grazie ad A.S., mio amico su Facebook: un pensiero per il carcere di Sulmona (già tragicamente famoso) ed i suoi abitanti. Sì possono avere le gambe buone, lì dentro, lo scatto felino, l’istinto animale che prevede la scossa. Ma è tutto inutile, in strada a stringersi e a tremare con gli altri umani non si può proprio andare.

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