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A Samu è piaciuto il pezzo di Gian Antonio Stella, si è tuffato nel “Corrierone” e ne è riemerso con tanti piccoli fregi verdini a pennarello, sotto le parole, sotto lo “…scossone. Piccolo. Leggero. Sinistro”. Sotto le “enormi cucchiaiate di quotidianità annientata” sollevate da un caterpillar.

Francesca ha consultato per parecchi minuti sul giornale locale una cronologia con un paio di secoli di eventi sismici. Una storia dentro alla Storia.

Daniele dalla mazzetta ha scelto avidamente “Il Giornale”. Daniele è di destra, ha evidenziato col giallo fosforescente tutti i Berlusconi possibili e immaginabili ma anche piccole storie di morte e di eroismo in cui si è tuffato con la faccia seria. Tra le sue pagine filogovernative mi sono permesso di fargli notare un articolo che spiccava come un intruso, un piccolo virus sinistrorso. Si chiedeva quante saranno alla fine le vittime, alludendo pietosamente ai clandestini – spesso tenutari degli alloggi meno sicuri – poveri fantasmi fuori dal conto.

L’evidenziatore di Ricky era fucsia. Ha invaso di frecce e cerchietti le pagine di “Repubblica” e de “L’Unità”. È andato a caccia di didascalie, ha tracciato paralleli tra le due testate, ha colto sfumature. Ha volato come sempre altissimo, al seguito dei suoi pensieri velocissimi. Alla fine della “rassegna stampa” era stanco morto e ci ha ricordato che il suo babbo infermiere partirà a giorni per L’Aquila e dintorni.

Abbiamo anche guardato un mare di tristi fotografie, e la più bella manco a dirlo abbiamo scoperto che a scattarla è stato Massimo Sestini, il fotoreporter che ci ha immortalati l’anno scorso quando siamo finiti sul “Venerdì”.

Tra le pagine chiare e le pagine scure è trascorsa una mezza mattinata, ieri, e alla fine la superficie dei banchi era sporca d’inchiostro. Le punte degli evidenziatori erano irrimediabilmente annerite. Daniele mi ha detto di voler essere risarcito. Scherzava. No, non c’era un clima pesante, in classe. Il giornale di oggi parla di  traumi psicologici, di bambini terremotati che non ridono più. Ai miei quattro cuccioli è scappato spesso da ridere: per aver scambiato una parola per un’altra e scombussolato di conseguenza il senso di un titolo, per qualche ridicola immagine pubblicitaria. “Però, prof.,…” – mi hanno detto – “quando un giornalista della Tv chiede a uno scampato della tragedia se ha avuto paura… lì non c’è proprio niente da ridere…”

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