Le storie di Scuolamagia, Stream of consciousness

Madonna Ingenuità

Impazzisco per l’ingenuità, la colleziono nelle parole di chi ne porta quotidianamente il vessillo: le piccole persone, i ragazzi più che i bambini, ché da bambini è facile essere ingenui e limpidi, è a 11 anni che essere ingenui diventa un sottile gioco di equilibrio, uno scialo prezioso di vita, un rischio e un lusso da centellinare.

Alla fermata della corriera la ragazzina si guarda attorno ingannando l’attesa. Ride e gioca, canta e salta, un po’ picchia un coetaneo felice di farsi picchiare. Quel luogo di salite e discese da pesanti automezzi blu non lo conosce bene e si vede, ma non per questo vengono meno il sorriso serafico e la calma olimpica, i suoi tratti distintivi. La corriera giusta ed il suo orario li devo conoscere io, il prof., e anche individuare la fermata in cui scendere sarà compito mio, così gli occhi possono guardare ancora un po’ attorno. Fino a fermarsi sulla scritta nera sul foglio A4 bianco sulla bacheca di legno. Roba anonima in un paesaggio tutto sommato anonimo. Ma Ingenuità vuole sapere, Ingenuità vuole capire. Cosa le è vietato, cosa le sue mani, o forse le sue gambe o forse la sua voce, potrebbero guastare in quel piccolo luogo di attesa per i passeggeri.

«Prof., cosa vuol dire “AFFISSIONE”?».

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Lavori (teatrali) in corso

Le abbiamo già ribattezzate Federica e Laure, nel senso di Federica Pellegrini e Laure Manaudou. Quest’ultima qualcuno la chiama già “la francesina”, confermando atavici pregiudizi che portano ogni giorno, grazie a Google, una decina di visitatori a questo blog.

In realtà sono state costruite circumnavigando con le matite i corpi un tantino più acerbi di Ilaria e Debora, 11 anni, distese a pancia in giù sopra un grande foglio di cartone. Adesso si tratta di dar loro spessore con nastro adesivo, pagine di quotidiano e tanta, tanta colla vinilica.

Nuoteranno nello spettacolo teatrale che stiamo allestendo e che proprio come 4 anni fa (era il 3 giugno 2005) consisterà in una specialissima edizione delle Olimpiadi.

In quale sorta di piscina gareggeranno le due fanciulle di cartapesta rimane un segreto; a Scuolamagia circolano da giorni, però, svariate paia di guanti blu e questo vorrà pur dire qualcosa…

 

Manca una musica, un sottofondo, un suono che sia acqua dolce, note che gocciolino sui corpi in movimento.

Le parole, invece, potrebbero essere quelle di Cecilia Camellini, giovanissima regina del nuoto paralimpico…

 

«L’acqua dipende da te: tutte le volte la senti in modo diverso e anche il colore cambia. Quando ti senti forte e hai voglia di nuotare l’acqua è rossa. Quando sei tranquillo è più azzurra. Ma quando sei stanco allora è nera e diventa durissima, ostile quasi».

 

Mumble mumble mumble.

 

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Una poesia di GLF

Ieri mi hanno regalato un’armonica

a bocca, mi hanno regalato una bocca,

un suono, un respiro con mille spifferi dentro,

una piantagione di spifferi che fa il vento,

e decido, portando le labbra sul ferro

passando sulle finestre scure, di mettermi in armonia

con la sua voce – lo chiamo ritmo.

Balla sui denti come una foresta a notte

che sale e scende le colline.

Dove abiti, non so se vedi le colline

o se la città per te è tutto. Pensa a un’armonica,

un pezzo di legno viti e metallo

che squarcia il mondo, indica l’uscita e l’abbraccia,

perché non te ne vada. Voltati di spalle,

inumidisci le labbra e ascolta.

È made in China la mia armonica,

un passaggio sulla carne come un’impennata di spruzzi

sulla pancia del mare,

è made madre lontana dall’Oriente, porta l’odore

di sandalo, profumo d’arie incrociate sugli oceani,

e di sale, poi scende a cavallo di un destriero,

ventre alla steppa, solletica con la saliva,

i cieli come corridoi di casa. E correndo canta.

 

Gian Luca Favetto

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Cattivi maestri su Facebook

Care Alunne e cari Alunni classe 1988, 1989, 1990 e 1991 (quelli che hanno già 18 anni…), sapete già per chi votare alle Europee del 6 e 7 giugno? Beh, io ho un piccolo suggerimento da darvi, e non mi nascondo dietro un dito, “darvi un piccolo suggerimento” significa a tutti gli effetti FARE POLITICA. E che male c’è? Nessuno, anche perché siete grandi e autonomi e liberi di votare quel che vi pare e piace e soprattutto chi più vi convince.

Però, mi rendo conto che è sempre più difficile incontrare le parole che vi possano convincere, perché in TV si parla solo di veline di Berlusconi, mogli di Berlusconi, processi contro Berlusconi, barzellette di Berlusconi, ire di Berlusconi, feste con Berlusconi, televisioni di Berlusconi e capelli di Berlusconi. Poi quasi sempre comincia un programma sportivo in cui si parla di Berlusconi che vuol cacciare l’allenatore della squadra di Berlusconi.

Così va a finire che vi trovate a scegliere tra le due opzioni: con Berlusconi o contro Berlusconi. Oppure per la terza posizione, sempre sbagliata: “non me ne frega niente”.

Sapete chi è Debora Serracchiani?

È una giovane donna che abita a Udine e fa l’avvocato. Si è candidata alle Elezioni Europee con il Partito Democratico, mettendosi in luce come una persona fresca, coraggiosa, libera e diretta. Moderna. Non per come si veste, per le idee in cui crede.

Immagino le opinioni che potete avere sui politici, di destra e di sinistra (“ladri”, “fannulloni”, …) e sulla politica in generale (“mangiatoia!!!”), ma che ne dite di provare a guardare questivideo?

 

 

Secondo me dice cose che – più di quelle che dicono i suoi avversari – hanno a che fare con il vostro futuro.

In campagna elettorale, come sapete bene anche se magari è la prima volta che votate, i candidati fanno promesse: secondo me quelle di Debora descrivono anche per voi un domani migliore in un’Italia migliore.

La fiducia a qualcuno è giusto darla, io vi suggerisco di regalarla a lei.

 

Vi lascio anche l’indirizzo del suo blog e del suo sito.

 

Ciao e buoni pensieri.

 

(ad)

 

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L’animale dormiente

Si avvicinano gli esami e per un insegnante si avvicinano anche momenti come quello descritto così bene dalla collega Gaia nel suo blog. Oggi la pozzanghera è sua.

 

Non c’è nient’altro che potrei fare, se non questo: portarli in gita e farmi fotografare con gli occhiali a righe rosa, urlargli contro parole terribili come solo a coloro che si amano, abbracciarli forte e chiamarli topini o belve, spiarli di nascosto quando prendono nove e difenderli ad ogni costo, con le gengive dei denti scoperte come fanno la cagne per difendere i cuccioli. E’ un meraviglioso modo di passare i miei giorni, stare in mezzo alle loro facce buffe e belle e scoprire ogni minuto qualche loro talento in più.

Ebbene. Domani è un grande giorno. Tutti, io e loro, aspettiamo sospesi un’interrogazione fondamentale da cui dipende cascare di qua o di là dalla collina. Sicché io quel cialtrone sciamannato portato dal vento voglio non solo pensarlo, stasera, ma scrivergli qui, anche se non mi leggerà mai: spero che alla fine oggi tu abbia pranzato e cenato, che tu abbia fatto un pausa con un tiro a pallone e soprattutto voglio che domani tu faccia quel che devi fare. Ossia distruggermi e farmi scrivere quel maledetto sei e mezzo sul registro. Buonanotte, animale. Adesso dormi.

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Il bacio clandestino

Quando gioca in casa è imbattibile, il malditesta. È il suo terreno, quello, vince sul divano e alla scrivania, con davanti il libro e il quotidiano, per non parlare del monitor. Per questo oggi ho provato a stanarlo inforcando la bicicletta e affrontando una salita tosta, decisamente sproporzionata rispetto al mio allenamento. Giunto in cima a fatica, però, ho potuto respirare collassato su una panchina – la bici adagiata sull’erba – un’arietta decisamente frizzante e benefica. In culo al malditesta.

Non ero solo, lassù. C’erano anche un’anziana signora in carrozzina e una signora dai capelli corti. Una coppia come se ne vedon tante, in città e nei paesi, molto più normale di quella che formavo io con la mia emicrania.

La donna più giovane, seduta sul legno di un’altra panca, ha rivolto una prima domanda alla sua assistita.

«Signora Maria, vuoi che ci mettiamo più al sole?»

Nessuna risposta, nonostante il tono gentile. Schietto ma gentile.

«Signora Maria, vuoi che andiamo fin laggiù?»

Laggiù dista una cinquantina di metri, dove un assolato belvedere invita a guardare lontano. Nessun segnale di risposta, nessun cenno del capo, gli occhi dell’anziana guardano dritto, verso una siepe e un cassonetto, occhi immobili, tristi, feriti da una malinconia lontanissima.

«Signora Maria, vuoi bere l’acqua?»

Poi ancora domande, che non ricordo, qualcosa che ha a che fare con un golfino, qualcosa a proposito di una borsa di plastica. Ma le risposte non arrivano, la donna in carrozzina è altrove, la donna in carrozzina c’è ma non c’è.

Penso che son tre ore che “piango” per un mal di testa. Penso che forse una donna malata vorrebbe al suo fianco la figlia, il figlio e non una sconosciuta venuta da chissà quale oriente.

Poi quel corpo badante risolve tutto con un gesto perfetto. Si alza e stampa un bacio enorme sulla fronte dell’anziana signora.

È poliglotta, chiaro: ha cambiato lingua, si è fatta capire. Poi ha stretto le manopole della carrozzina e ha iniziato a spingere.

Io sono rimasto lì con un pensiero (“faccio un post”), una discesa da affrontare e un malditesta che ha imparato a vincere anche in trasferta.

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Camilla che uccide la letteratura

C’è un ghiaccio da rompere, tra gli adulti e i ragazzi. C’è un ghiaccio sempre, anche se può sbriciolarsi in fretta tagliato da una parola accogliente. C’è una naturale diffidenza da vincere, un piccolo muro da scavalcare. C’è sempre. Chissà perché non c’ha pensato, a quel ghiaccio, l’operatore teatrale sbarcato a Scuolamagia per regalare ai ragazzi un’oretta di letture impreziosite dal mestiere della sua voce, da piccoli gesti opportuni, calibrati.

Non c’ha pensato perché altrimenti non avrebbe chiesto a bruciapelo ai ragazzi, ancora alle prese con gli ultimi rimasugli di sbadiglio mattutino, “cosa significa per voi leggere, cos’è per voi la lettura?”.

Uno di undici anni conosce gli adulti quel poco che basta per saperli sentenziosi e pedanti. Non immagina ci possa essere qualcuno a cui sta a cuore la sua impressione di un momento, una sua idea folgorante, una sua libera associazione di idee. Pensa subito di dover fornire una definizione enciclopedica, al massimo wikipedica, qualcosa da imparare e ripetere quasi a memoria, qualcosa di immutabile nel tempo e rigorosamente uguale per tutti. Quindi silenzio, nessun fiato e aria abulica: profumo di luoghi comuni sull’adolescenza apatica.

Chiarito l’equivoco, tutto torna nei binari. Leggere significa conoscere indagare ridere scoprire e viaggiare: Parigi e l’Australia, ma anche l’Egitto dei Faraoni e il futuro delle astronavi. Tutti d’accordo.

Poi l’ospite fa un altro passo: leggere può significare “vivere per qualche istante la vita di qualcun altro”.

“Vi piacerebbe vivere la vita di qualcun altro? A te per esempio, piacerebbe vivere la vita di  qualcun altro?”.

Un piccolo silenzio, poi la risposta, pacata e convinta. Dolce e definitiva.

“No”.

Ha sparato nel mucchio, il consumato professionista delle letture ad alta voce, ma nel mucchio c’erano gli occhi di Camilla. Camilla che quest’anno – il suo primo a Scuolamagia – è decisamente felice e non lo nasconde. Si vede ogni giorno, e si vede che la sua è una serenità in qualche modo conquistata. Si vede che dietro, nel tempo, ci sono stati anche giorni più difficili, duri, amari. Ma adesso no e allora perché cambiare, perché scappare. Perché diventare Peter Pan o Hermione, perché cavalcare un Fortunadrago?

“No”.

La vita ha la priorità e pazienza se così muore la letteratura di ogni epoca.

Fermato il mondo della fantasia, Camilla decide di scendere e di tenersi stretta la sua pace in terra.

Per tutti gli altri, per tutti noi c’è una possibilità in più: voler vivere la vita di Camilla.

Cami 2

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Colpi a Salvini

Matteo Salvini andrebbe condannato. Ci vorrebbe una pena severa, qualcosa come un triennio alle medie, in classe multietnica, oppure un abbonamento a “Focus Junior”. A volte mi capita di pensare, a margine delle cose che accadono, a che vignetta disegnerebbe Andrea Pazienza se soltanto fosse ancora qui a sporcarsi con gli umori del mondo. Ecco: l’interno di un vagone della metropolitana meneghina, tre sedili, quello per i milanesi, il più largo e confortevole, quello per gli immigrati, defilato e angusto, quello per Matteo Salvini, con al centro uno sperone vagamente fallico pronto all’uso.

Si escludono in partenza conseguenze troppo serie: nessun superiore costringerà il politico leghista alle dimissioni per cause di ignoranza maggiore; non dovrà cambiare carriera, forse tra qualche tempo coglierà pure qualche frutto dalle sue parole ignobili. Oggi a “Prima pagina”, la rassegna stampa di Radio Tre ha telefonato una signora. Ha raccontato a Gian Antonio Stella di aver abitato in Sud Africa l’aria irrespirabile degli autobus della segregazione, dal lato fortunato dei segreganti. Sapeva – contrariamente a Salvini – di quello che stava parlando. Era incredula e stremata, sembrava l’avessero ricacciata nel nero di un pozzo.

Finita la trasmissione, su un’altra frequenza mi ha soccorso la voce di Malika Ayane, un nome da carrozza stranieri e un accento che le fa pronunciare “maledèèètta” come fosse un “t’è capì???” brianzolo, a ricordarmi come tutto sia un garbuglio, un meticciato, un prisma.   

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V.M. 18?

Da giorni alcune parole vagano nell’aria, come in attesa di posarsi da qualche parte. No, non “ciarpame”. Oddio, anche “ciarpame”, ma io intendevo “minorenne”.

Una parola che fa sempre un po’ paura, che muove invidia, che inquieta.

E poi ci sono le cose che succedono.

La minorenne Noemi che è sparita da Facebook ma sta facendo scoppiare Google, alla faccia (taroccata) del suo celeberrimo Papi.

Ci sono i minorenni iraniani, un paio al giorno, giustiziati barbaramente. In realtà la minore età risaliva al tempo dei loro delitti, anche gravi, e io non mi sentirò mai abbastanza fortunato per il fatto di essere nato in un paese che manda le sue assassine minorenni (con sulle spalle i loro delitti, anche gravissimi) a discutere dopo qualche anno una tesi di laurea. Laurea in lettere.

Un paese così, che in parte digiunerà per cause che non sono mai state tanto giuste e in parte continuerà a pensare alle rogne (extra)coniugali del suo Papi.

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La Cina è vi… rtuale

Il giorno che Piumetta mi ha mostrato RMB city ero scettico. Su Second Life avevo già messo piede nel 2007, stufandomene ancora prima di decidere il colore delle scarpe del mio avatar.

RMB city, però, non è la solita isoletta virtuale, RMB city – luogo di tutti i luoghi della Cina – è un’opera d’arte, è una “città invisibile”, la Tecla di Italo Calvino. RMB city è lo specchio in cui una giovanissima cinese dedita all’arte prova a guardarsi insieme al suo popolo smarrito. È una foto di gruppo, mossa, mossissima.

Nel nuovo numero di “Diario”, da poco diventato mensile, Piumetta racconta del suo viaggio dentro la Cina virtuale di RMB city, del suo incontro con la sua creatrice Cao Fei, di molto altro.  

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