Le storie di Scuolamagia, Soletta, Stream of consciousness

Chi guarda Topolò sappia che Topolò

Metti una sera non qualsiasi, a Topolò. C’è uno scrittore che parla, che racconta. C’è un cielo che sfoglia la margherita e fa “piove o non piove”. (Non pioverà.) Ci sono poche panche, ma la possibilità di sedersi per terra, o sul muretto. E rimanere in piedi, certo, si può. In fondo è in piedi anche lo scrittore e in piedi comincia a parlare sopra una musica di fisarmonica. Quello che la suona è seduto su una vecchia sedia di legno. I libri da cui leggere e attorno ai quali tessere trame sono due. A turno, mentre uno è nelle mani dell’autore, l’altro è appoggiato sull’erba, a faccia in giù. Uno – grigio chiaro – c’è il rischio che si sporchi, anche se ovviamente non sarebbe un problema, l’altro ha la copertina verde e  il rischio è quello di perderlo tra i ciuffi di prato.

C’è un cane, sicuro che c’è anche un cane. Cammina un po’ tra le gambe di chi ascolta finché si sdraia su un fianco e rimane lì, nel suono della voce dello scrittore, proprio come ci fossero solo lui e la voce dello scrittore.

C’è una mamma che è anche una poetessa e ad un certo punto si alza e se ne va sul più bello. Ma cosa c’è di più bello di una mamma poetessa che riappare con una maglia da appoggiare sulle spalle della figlia rimasta in ascolto, ché nel frattempo s’è alzata un’arietta pungente?

Ci sono una vecchia nave di cui smaltire i metalli, c’è Sarajevo, c’è una macchina fotografica, un campo di basket, la Sicilia e un pugno di vite vissute: tutta roba portata dallo scrittore.    

C’è una sera non qualsiasi, una sera così, a Topolò. Nei prossimi giorni ce ne saranno altre e mai “soletta” è stata più sincera.

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