Res cogitans, Soletta, Tutte queste cose passare

Diane corre

Gli articoli dei quotidiani diventano ogni giorno più sintetici. A volte è un bene, non servono 300 righe per dire di un’orgia a casa del Primo Ministro. A volte è un male, e le storie stanno strette dentro abiti small, traboccano come i litri dentro le tazzine da caffè. Capita anche oggi, a pag. 34 di “Repubblica”. Metà pagina per la pubblicità, una foto brutta ma necessaria, uno schema cervellotico, il titolo impreciso come sanno essere i titoli. L’articolo: la superficie di due scontrini fiscali. Per fortuna che esistono altri mezzi, altre vie. La storia di Diane Van Deren ha bisogno di fiato, ha bisogno di andare a capo spesso come ha fatto spesso la sua vita. Diane è una madre ed è anche una donna da sempre molto sportiva. Un giorno si ammala, una forma di epilessia, una forma grave. La operano, le asportano una parte del cervello. Via un pezzo di lobo temporale destro e con lui via la memoria e il senso dell’orientamento. Non la memoria dei giorni prima di quello dell’operazione, la memoria sempre. Del tipo: “Buongiorno, oggi è il 13 gennaio e io sono tuo marito, questi sono i tuoi figli, questa è casa tua e questo è un tuo giorno”. In questo senso, la memoria sempre. E l’orientamento, perde, anche se a questo punto vi sarà sembrato il male minore. Ma non lo è, perché Diane corre. Corre e ama correre in condizioni estreme. Vince gare a 44 gradi sotto zero, corre di notte con una lampada in fronte. Nello zaino tutto il necessario, soprattutto le istruzioni per l’uso: “questa è acqua, bevila spesso…”. Andare di qua, a destra; andare di là, a sinistra: concetti fuori dalla portata di Diane. Parti, corri, ecco una strada. Questo sì, questo si può fare e Diane lo fa. Ogni tanto non ritorna, passano 5 ore e i familiari se la vanno a riprendere.  

 

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