Res cogitans, Stream of consciousness, Tutte queste cose passare

Sbandierare il mondo è possibile

Il nero è la sofferenza del passato, il giallo è il sole che sorge, verde vuol dire speranza. È presto spiegata la bandiera della Giamaica che sventola sul cielo sopra Berlino. Ma l’atletica che dà spettacolo in occasione dei mondiali tedeschi non è forse la dimostrazione che quei rettangoli di stoffa – lanciati dagli spalti in direzione degli atleti vincitori, issati sui pennacchi durante l’esecuzione degli inni – potrebbero essere finalmente banditi?

Oppure, meglio: potremo finalmente deciderci ad amarle tutte le bandiere, soprattutto quelle altrui, esattamente come invitava a fare Alex Langer, indimenticato costruttore di ponti. Siamo tutti berlinesi, in fondo, e non possiamo non dirci giamaicani, soprattutto dopo che un fulmine giallo nero e verde ci ha fatti sobbalzare sul divano. Ma siamo anche un po’ russi, ammettiamolo, basta che una saltatrice con l’asta di quella nazione si metta a piangere come una bimba davanti al suo giocattolo rotto. Siamo etiopi, almeno un pizzico, durante un cinquemila che ci fa sentire profumo di altipiani. Siamo americani – certo, lo siamo spesso per mille altre cose – quando un centometrista fa la faccia triste perché più di così lui non riesce proprio a correre e quel suo sforzo sovrumano non è servito a niente. Siamo croati davanti alla cavalletta che ha ricominciato a danzare, dopo che per un anno a ballare sono stati solo i suoi nervi. Per un attimo stiamo per dirci tedeschi in onore del muscolosissimo discobolo biondo che si strappa la canottiera e gioca a fare l’incredibile Hulk… poi lo immaginiamo con stivaloni nazi e la sua esultanza ci sembra molto meno divertente di mezzo sorriso giamaicano… ma poi ci giriamo dall’altra parte e abbracciamo di tifo la saltatrice crucca e un po’ punk che corre ad abbracciare l’avversaria da cui è stata sconfitta e subito la incita mentre tenta il record del mondo.

Standard