Soletta, Stream of consciousness

I sogni di M.

Certo, se si trattasse di giudicare Facebook con la lente di uno di quei giorni in cui ti vengono recapitate 15 capre per la fattoria virtuale, staremmo freschi. E non ne uscirebbe bene, il Social Network, nemmeno dopo aver constatato come le menti migliori di 3 o 4 generazioni possano aderire compatte alla causa “Tutte le ragazze di Facebook: raggiungiamo i 3.000.000.000 di iscritti e battiamo i maschi”.

Tuttavia, a me Facebook guai chi lo tocca! Sì, perché cliccandoci, quasi per gioco, ho ritrovato M.

E che persona sia M. lo capite anche da soli visitando il suo blog nuovo fiammante.

Motty

Quando l’ho conosciuto, 11 anni fa, era poco più di un bambino. Di mestiere facevo l’educatore, in missione per conto dell’azienda sanitaria con l’uniforme di una cooperativa sociale. Mi aspettava davanti casa sua due pomeriggi ogni settimana, M., e di fare i compiti non aveva mai ‘sta gran voglia. Un giorno parcheggio la macchina proprio mentre sta palleggiando sull’asfalto. Mi accorgo che è proprio bravino e allora butto lì una scommessa: “saliamo a fare i compiti appena il pallone tocca per terra”. Saremo saliti dopo mezz’ora. Strepitoso. Piedi con la colla. Talento vivissimo. Una volta, durante una vera partita che gli ho visto disputare, stavo per avventarmi contro un gruppo di padri che lo insultavano con un coretto dagli spalti: “…pezzo di merda!!!”. Mi sono calmato ascoltando meglio: il ritornello era “MARADONA, PEZZO DI MERDA”. Continuerà a non essere un gesto finissimo, quello di quei genitori, ma la sostanza in effetti cambia. M. aveva appena trafitto il portiere avversario, e sarà stata l’ottava volta. Poi, alla fine del primo tempo è stato sostituito dall’allenatore.

Quelli con M. sono stati pomeriggi unici e irripetibili. Indimenticabili.

Ritrovo M. oggi che è un giovane uomo e fa cose da giovane uomo: fa ACROBAZIE CON LO SNOWBOARD, fa INCIDENTI STRADALI. Ma fa anche cose che lo rendono unico, cose tipo CATTURARE FULMINI con una pertica di legno. Scrive anche parole che hanno il sapore di certi fumetti americani e sogna di vivere a New York, almeno credo. Sogna anche di essere felice, M., come fanno tutti, com’è normale. Ma lui forse se lo merita un po’ di più.
Ieri, chattando, mi ha confidato che ci sono certe sere preziose in cui la scrittura gli permette di esprimere cose che di giorno faticano ad uscire, che scrivere è un buon modo per mettere i SOGNI nero su bianco. Che scrivere lo fa stare bene. Mi sa che ieri – dopo avermi dato la buonanotte – era una di quelle sere, e se si è sentito bene lui, pensate a come mi sento io dopo aver letto questo.

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Le storie di Scuolamagia, Soletta, Stream of consciousness

Soffiare sulla memoria

Giornata della memoria, memorie di giornata. Recupero i piccoli umani di Scuolamagia alla fermata della corriera. Raggiungiamo un paese non troppo lontano e la sua piccola sala-teatro: insieme ad una sessantina di altri ragazzi e ad un gruppetto di altri insegnanti si tratta di guardare un film e celebrare l’ormai decennale giorno del Ricordo. La pellicola la conosco, posso immergermi nelle sue immagini permettendomi di guardare chi in sala sta guardando e non sa, chi sta guardando e si aspetta qualcosa. Anche gli occhi più giovani – 10 anni come la Legge di Furio Colombo – capiscono subito cosa sia il misterioso pigiama a cui allude il titolo del film. Si capiscono subito tante cose – sarà la critica di una ragazzina un paio d’ore dopo – e la storia raccontata non fa proprio nulla per impedire che vadano a finire come avevi pensato che andassero a finire.

Ad un certo punto, però, lo schermo diventa nero. La mamma del film continua a parlare, ma nessuno capisce più con chi. Tutta colpa di un videoproiettore e della sua lampadina esausta, lassù in galleria, sopra la platea di ragazzi.

Accorro e sento il marchingegno sbuffare aria calda. Ingolfato di polvere e incuria fa il suo dovere a stento per un quarto d’ora, poi è costretto a fermarsi e a sfiatare come una vecchia locomotiva. Poi riparte, ma davvero più di così non può fare. Non ci sono alternative, la memoria andrà celebrata a tentoni, e strappi. Sarà interrotta come da una pubblicità silenziosa e cieca.

Nel mio piccolo, su in galleria, insieme ad un’infaticabile collega ho tentato per tutta la proiezione di raffreddare l’apparecchiatura con un quaderno agitato a mo’ di ventaglio. In una sorta di cinema a manovella, faticosissimo. Roba da Nuovo Cinema Paradiso, anche se il film raccontava l’Inferno.

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Le storie di Scuolamagia

Il colpo di spugna

Bordo

E fu così che l’alunno Marco prese il mare. Accadde durante le ultime vacanze natalizie, quando per lui si trattò di dare concretezza di racconto alla traccia su foglio giallino consegnatagli con fior di raccomandazioni dall’insegnante preposto. Avrebbe potuto spingersi fino ai confini del mondo con qualsiasi mezzo e in qualsiasi compagnia. L’importante era andare e, andando, conoscere e incontrare. Avrebbe potuto servirsi di qualsivoglia congegno tecnologico, supporto librario o nonno sapiente per attingere informazioni utili alla letteraria causa. Non avrebbe dovuto fare a meno, pena la radiazione dalla pluriclasse 2ª-3ª C, di attingere alla fiamma della sua innata fantasia.

E fu così che prese il mare, non prima di essersi scoperto italico produttore di paperelle di gomma ad uso bagnetto, e partì alla ricerca dei celebri relitti gommosi dispersi per gli oceani, dopo un tragico naufragio del 1992 al largo di Honk Kong.

Il racconto nacque e si dipanò tra acque asiatiche e acque artiche, descrisse i porti di Shanghai e San Francisco. Ma alla fine mancava un tocco. Un tocco che desse sostanza materica a quelle vicende soltanto cartacee. E fu così che l’alunno Marco intinse la spugna nell’acqua del lavandino e simulò la burrasca marina nemica de’ navigatori e de’ cartacei diari di bordo. Il quaderno non fu più lo stesso, il racconto che conteneva nemmeno. Nemmeno i racconti precedenti, tutt’altre storie, il lavoro di 4 mesi di scrittura pomeridiana, furon più gli stessi.

Temi annacquati ne ho letti tanti, di così mai. E col passato remoto, smetto. Giuro.  

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Stream of consciousness, Tutte queste cose passare

Merde

Inizia la rassegna stampa delle 7.30 impugnando “La Padania” di oggi, Gian Antonio Stella. Legge i titoli, gli occhielli, illustra i contenuti degli articoli. Questioni pesanti sul tappeto: le tasse da diminuire, i tagli di Calderoli alle poltrone inutili, la conservazione dell’identità locale radicata anche nel cibo che mettiamo in bocca. Poi si ferma, fa una pausa, quasi che il giornalista lasciasse spazio all’attore. E Haiti?

Già, Haiti. La NOTIZIA che apre le prime pagine di tutti i giornali del Mondo, anche quelli in mano ai dittatori più spietati.

No, non è che non ci sia, il terremoto che ha raso al suolo Haiti. Uno strillo, piccino picciò, invita a raggiungere il resoconto di pagina 23. Ventitre.

Quante pagine avrà “La Padania”? 25?

È così che mi è tornata alla mente un’espressione usata da un vecchio Prof. dell’università. Un’espressione felice ed efficace che sono andato a cercare in un Himalaya di fogli A4 scritti a matita, pieni di disegni e scarabocchi. E di appunti, appunto.

La lezione verteva sulla memoria e sull’interpretazione del Fascismo, era una lezione di storia contemporanea. Quel giorno si parlava di Leo Longanesi, penna brillante e destrorsa, quello di quando comprate un libro “Longanesi”.

Un uomo che negli anni ’40 faceva liete scampagnate con Italo Balbo, a discutere di come il fascismo non fosse più lo stesso, avesse perso lo smalto, il furore, l’energia dei primordi. Lunghe camminate immerse nella nostalgia, in riva al mare, interrotte soltanto da qualche fucilata ai gabbiani in volo sopra il blu. Gabbiani: bersagli nemmeno commestibili. Bersagli soltanto. Ed è a quel punto che si era innestata l’espressione riuscitissima del Prof. di storia.

«A quegli uomini non mancava l’intelligenza, ma quest’ultima non ingranava con una coscienza morale”.

Perfetto. Ecco le parole giuste. La Lega e i leghisti NON INGRANANO CON LA COSCIENZA MORALE. Ecco le parole perfette. Così perfette che uno può evitare di scrivere che quelli del Carroccio, eticamente parlando, sono proprio delle merde.

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Le storie di Scuolamagia, Piccola posta, Res cogitans, Tutte queste cose passare

Nuove carceri

Salgono a bordo una mattina di neve. La corriera, al solito semideserta, si popola di qualche voce nuova mentre fuori i fiocchi cadono piuttosto ferocemente. Parlano del più e del meno, quelle voci, anzi, del pin e del puc di certi telefonini sgangherati ma nei secoli fedeli. Hanno sonno, tutti, e uno una disperata voglia di fumare. Al punto di approfittare dei 2 minuti di una fermata intermedia e scendere, come se il pullman fosse una cella opprimente e il marciapiede della breve fermata un’insperata ora d’aria. Questa similitudine la penso prima di scoprire che i 3 sono carcerati per davvero, e che quel loro viaggio li porterà in un piccolo paesino di montagna – semiliberi – per occuparsi di mille piccoli lavoretti che la popolazione autoctona, un po’ invecchiata e un po’ impigrita, ha smesso di fare da un pezzo. Tagliare rami pericolosi da vecchi alberi, sfalciare prati, sistemare i bordi di certe stradine. Sul loro operato vigila un uomo del paese, uno che non teme la responsabilità e li aspetta ogni mattina dove la corriera si ferma. Ciao ragazzi, andiamo. I paesani magari avranno storto un po’ il naso, sulle prime, oppure non avranno capito, ignari dell’iniziativa, perché quei ragazzoni dall’accento straniero così gentili non potessero entrare a bere un bicchiere di quello buono e tirassero sempre dritto, una volta ultimato il lavoro. Nell’Italia degli uomini che alle sbarre quotidianamente si appendono, è bello vedere un giovane prigioniero che può alitare sul vetro di una corriera e scarabocchiarci qualcosa. Salvo non fare in tempo a finire, ché la porta si è aperta e c’è un freddo cane cui andare incontro.  

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