Res cogitans, Stream of consciousness, Tutte queste cose passare

L’influenza X

Una lettera di un medico ad un quotidiano nazionale odierno è come una mano che si alza tra la folla per dire una cosa di cui forse non si è accorto nessuno. Stiamo vomitando. Sì, noi italiani. Tanti, tantissimi. Abbiamo la febbre e vomitiamo. Il contorno a questo piatto fisso stagionale varia: c’è chi si contorce tra i dolori addominali e chi ha la testa che scoppia. Questo accade, e molto più che negli anni precedenti, tutta colpa di un virus particolarmente scaltro nel passare di corpo in corpo. Questo accade e cambia – un po’ – la vita di tutti. Le classi a scuola si svuotano, il personale negli uffici scarseggia, l’amico che deve accompagnarci al cinema ha la diarrea. Questo accade ma non se ne parla, e il povero virus non s’è meritato neanche un nome.

Abbiamo passato l’autunno ipotizzando scenari da thriller sanitario, con un pandemonio di pandemie pronto a decimarci. C’era un cast nutrito e d’eccezione: maiali messicani, untori, sottosegretari alla salute e Topo Gigio in un gustoso cameo. Poi nessuno ha mai visto un malato di Influenza A e i pochi che l’hanno incontrato testimoniano che si sia rimesso dopo 2 aspirine.

Sarà che in queste settimane sfogliando i giornali si rischia di vomitare indipendentemente dai reportage sul vomito (parentesi qualunquista), ma tutto ciò è ben bizzarro.

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Le storie di Scuolamagia, Stream of consciousness

Comici stremati guerrieri

Quando ti accorgi che non vogliono che la lezione finisca – perché è interessante, perché la pancia fa male per il troppo ridere, perché a casa sarebbe comunque peggio -, quello è il momento più bello.

Non è vero il contrario, però. Quando è evidente che non ne possono più, che ne hanno abbastanza, che “concentrazione” è un termine dialettale birmano, quello NON È il momento più brutto.

Perché fanno tenerezza, perché portano addosso fatiche che spesso i grandi non vedono, perché le portano con una dignità che i grandi si sognano.

La stanchezza fa sembrare gli adulti più vecchi, gli adolescenti li rende tristi. Guardano orologi da polso, se non ce li hanno si protendono verso i campanili di paese; cambiano posizione sulla sedia, sbuffano aliti che non hanno odore, vento puro.

Capita in certe giornate pesanti di verifiche scritte e orali, capita il giorno dopo una gara sportiva massacrante; capita così, quando capita, magari senza nemmeno un motivo plausibile.

Quello che posso fare io, in quelle occasioni, è attribuirmi poteri di Re ed esercitarli concedendo la GRAZIA. Un quaderno che si chiude, 7 domande che diventano 4, il ritmo che scende, la voce che si abbassa, chiacchiere da salotto e attesa della fine.
Poi – fuori scuola – la forza ritorna. Basta un cartone animato, un pisolino, il dito in un barattolo di nutella.

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Fiori di Biblioteca, Le storie di Scuolamagia, Stream of consciousness

Ti conosco mascherina

Come una nave rompighiaccio, attraverso un gruppone di bambinetti in maschera. Hanno dai 6 ai 10 anni. C’è il poliziotto che mi mostra la paletta e si spaventa quando estraggo per davvero la carta d’identità. C’è uno Zorro che secondo me – anno domini 2010 – non sa più nemmeno da cosa è mascherato e a cosa servano quei due fastidiosissimi baffetti. C’è una bimba senza alcun costume, con i jeans e un cardigan rosso. Ride mentre spiego ai suoi amici che in realtà è vestita da dentista. Sì perché il mio dentista – l’altro giorno, sotto il camice bianco – era vestito così. Ci sono fatine, scontate e immancabili, e cowboys inutili alla carnevalesca causa. Poi, un po’ defilata, scorgo la bambina con il nome da mille e una notte, quella di un vecchio post. Indossa un vestito bianco, non proprio biancochepiùbiancononsipuò. Una specie di tunica, da cui spuntano le scarpe da ginnastica. Al collo una sorta di fazzoletto leggero e trasparente. «E tu, da cosa sei vestita?».

«Io sono vestita da serva…»

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