Le storie di Scuolamagia, Res cogitans, Stream of consciousness

Insegnare: una faccenda di corpi

Quella dell’insegnante passa per una professione “intellettuale”. Un lavoro di “concetto”, un mestiere da fare con le sinapsi prima che con i polpastrelli. E invece no. Lo sento in giorni come questo, che seguono altri faticosi giorni di fine anno scolastico, caratterizzati da prove e da spettacoli teatrali. Rivedo il “film” e penso che sia invece tutta una faccenda di “corpi”.
C’è quello col quale spartisci il peso del pesante pannello: piccoli passetti lui avanti e tu indietro. Bisogna portarlo laggiù e laggiù è lontanissimo.
Ci sono quelli col sangue di naso, ci sono sempre e sono tantissimi. Sai già che per definizione non portano con sé fazzoletti e non hanno cognizione di come fermare quel fiume che gli ha invaso la faccia.
C’è chi ti chiede se ti può stringere forte la mano per sfogare l’ansia. Ti concedi, e ti accorgi che forse pure funziona.
Ci sono migliaia di pacche sulla spalla, e le tue mani che trascinano lembi di t-shirt per portarli nel posto dove dovrebbero essere.
Ci sono starnuti allergici, rutti di lattina, sudori di maglietta.
Ci sono abbracci, ci sono 5 da battere. E c’è da dare il gomito.
Ci sono teste che si abbassano per un rimprovero, guance che arrossano per un complimento sincero.
Si constatano bellezze, si misurano forze.
Ci sono passi nervosi.
Ci sono sbuffi di sollievo che volano ad altezza di bambino.

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