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Sbatti la pietà in prima pagina

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A Pechino esistono ancora, mentre ormai per la strada un passante su due sta armeggiando con un iPhone, delle lunghe bacheche pubbliche su cui vengono affisse le pagine dei giornali. Attorno vi si radunano generalmente gli anziani, vecchietti con la canottiera bianca, signore con il ventaglio. I pochi giovani fanno capannello attorno alle pagine dello sport. Tutto il resto – per loro, si sa – è noia. Molti tra questi pechinesi probabilmente un quotidiano non possono nemmeno permetterselo, oppure pensano che sia meglio leggere il giornale di tutti, proprio perché non è di nessuno. Il loro gesto è decisamente quotidiano: stanno lì impettiti, le mani congiunte dietro la schiena, i lettori un po’ più orbi hanno il naso quasi appiccicato al vetro della bacheca. Si spostano da sinistra verso destra: le pagine non scorrono, loro sì.
Ieri pomeriggio, però, quegli occhi così golosi di notizie – sapessero, poi, quegli occhi, quante altre ce ne sarebbero, di notizie… – erano tutti fermi su di un unico foglio, un’unica prima pagina. E non leggevano, guardavano soltanto negli occhi la piccola Xiang Weiyi, superstite del terribile incidente ferroviario avvenuto nei giorni scorsi. Rimasta per 21 ore tra le lamiere contorte del treno vicino ai cadaveri dei suoi genitori.
Erano sguardi silenziosi e solidali, nonostante i quali tutto andrà avanti come prima, i treni cinesi rimarranno insicuri, le tratte ad alta velocità continueranno ad essere costruite male e in fretta. Ma quello di quei vecchietti era un sentimento autentico e prezioso. Nel giorno dell’editoriale del filosofo Vittorio Feltri sull’imperizia militare delle vittime di Utoya, qualunque cosa facesse la respirazione bocca a bocca alla pietà non poteva che darmi conforto.  

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Le rose che non colsi, stavo facendo una prova Invalsi (2)

Come potrebbe anche essere definito l’INVALSI?

A) Un ente inutile;
B) Un ente che ha sede in un’antica villa romana;
C) Un ente preposto alla valutazione oggettiva delle competenze degli studenti italiani;
D) Un ente pubblico i cui vertici vengono nominati dal Ministero dell’Istruzione Pubblica di concerto con Gigi Bisignani. 

Bravi. Avete ragione. Così non vale. Quando, dopo una domanda come quella che vi è stata rivolta, ci si imbatte in quelle letterine maiuscole, la risposta corretta dev’essere inequivocabilmente una e una sola. Nella fattispecie, invece, se si esclude la C palesemente falsa, le altre tre opzioni contengono tutte elementi di verità. E nulla importa che la risposta giusta secondo gli organizzatori del test – io – sia la lettera A. Voi, strenui sostenitori delle risposte B e D, non l’accettate proprio, la mia matita rossa che cerchia rabbiosa le vostre crocette scorrette. Prima di tutto perché non avete tirato ad indovinare e potete argomentare la vostra scelta: siete a conoscenza dell’esistenza e dell’utilizzo di Villa Falconieri e non avete motivo di pensare che esista una carica pubblica affidata senza lo zampino di Gigino il faccendiere. E poi – si può darvi torto? – una domanda che inizia con “come potrebbe…” presta di per sé il fianco al moltiplicarsi delle risposte. Sembra quasi invitare al gioco delle ipotesi, alla fioritura delle definizioni plurime di qualcosa di complesso.
Siete arrabbiati. La situazione vi sembrerebbe grave, ma non certo seria. Per dirla con Flaiano.
Ecco, era il 20 giugno 2011 e il solito mezzo milione di cittadini italiani è stato sottoposto alla Prova Nazionale predisposta dall’Invalsi. I plichi sono stati aperti, per passare i fascicoletti dalle mani di un insegnante a quelle di un altro insegnante sono serviti appositi verbali. Quel mezzo milione di adolescenti ha impugnato la penna ed ha apposto le sue crocette.
Con tutta la concentrazione possibile, chi facendo gli scongiuri, chi facendo ambarabaccicciccoccò. Qualcuno – i più svegli – storcendo il naso: ma che domanda è questa?

«Quale altro titolo si potrebbe dare al testo che hai letto?»

Quesito seguito da 4 alternative TUTTE plausibili. Certo, una un pochino più delle altre, ma non siamo già lontani anni luce da un criterio oggettivo di giudizio?

E questa?

«Come si potrebbe definire il rapporto tra i due ragazzi?»

Si potrebbe???
Se mi chiedessero quale potrebbe essere la capitale italiana e mi indicassero di scegliere tra Roma, Parigi e Berlino, potrei tranquillamente rispondere Berlino, se solo le vicende della seconda guerra mondiale fossero andate in un’altra maniera. Oppure Parigi, se soltanto l’età napoleonica avesse trovato la giusta continuità…

Mi sto arrampicando sugli specchi? Forse, torniamo allora al testo che avevano davanti i quattordicenni italiani.

Il rapporto tra i ragazzi del racconto doveva essere definito scegliendo tra COINVOLGENTE E DELICATO (A), LEGGERO E SUPERFICIALE (B), TESO E MOVIMENTATO (C), INCERTO E BURRASCOSO (D).
Come ha ben spiegato Leonardo sul suo blog, Mister Invalsi ha deciso per COINVOLGENTE E DELICATO, ma si sa, Mister Invalsi ha il cuore tenero e si commuove per un petalo di rosa portato dal vento. Trattasi tuttavia di un’infatuazione adolescenziale appena abbozzata, quella narrata da Vittorini,  che lo stesso protagonista del racconto sente appesa ad una bava di ragno. E allora perché non LEGGERO E SUPERFICIALE? Burrascoso magari no (ma cosa vuol dire poi, “burrascoso”, applicato ad un rapporto amoroso e non alla meteorologia marina?), ma sicuramente anche INCERTO. E anche TESO, porca vacca!
I candidati all’esame sono ormai in vacanza, gli insegnanti hanno già barrato i loro registri. I primi non sanno di aver subito una piccola truffa, hanno preso solo 6, solo 7, solo 8… in base alle “opinioni oggettive” di un ente pubblico. I secondi non sanno che il “mito” dell’oggettività, fatte salve quelle materie in cui è davvero un criterio applicabile, ucciderà la fantasia a colpi di test a risposta multipla. Farà a pezzi il senso critico, il senso estetico… sostanze impalpabili e immisurabili che smetteremo semplicemente di cercare. Ci metteremo una crocetta sopra.
Qualche vecchio prof.  – ma clandestinamente, dietro qualche angolo buio – consegnerà bigliettini ripiegati nelle mani degli studenti. Questi li apriranno poco convinti e leggeranno l’incerta calligrafia.

“Ma, alla fine, il racconto di Vittorini ti è piaciuto?”

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