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Sbatti la pietà in prima pagina

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A Pechino esistono ancora, mentre ormai per la strada un passante su due sta armeggiando con un iPhone, delle lunghe bacheche pubbliche su cui vengono affisse le pagine dei giornali. Attorno vi si radunano generalmente gli anziani, vecchietti con la canottiera bianca, signore con il ventaglio. I pochi giovani fanno capannello attorno alle pagine dello sport. Tutto il resto – per loro, si sa – è noia. Molti tra questi pechinesi probabilmente un quotidiano non possono nemmeno permetterselo, oppure pensano che sia meglio leggere il giornale di tutti, proprio perché non è di nessuno. Il loro gesto è decisamente quotidiano: stanno lì impettiti, le mani congiunte dietro la schiena, i lettori un po’ più orbi hanno il naso quasi appiccicato al vetro della bacheca. Si spostano da sinistra verso destra: le pagine non scorrono, loro sì.
Ieri pomeriggio, però, quegli occhi così golosi di notizie – sapessero, poi, quegli occhi, quante altre ce ne sarebbero, di notizie… – erano tutti fermi su di un unico foglio, un’unica prima pagina. E non leggevano, guardavano soltanto negli occhi la piccola Xiang Weiyi, superstite del terribile incidente ferroviario avvenuto nei giorni scorsi. Rimasta per 21 ore tra le lamiere contorte del treno vicino ai cadaveri dei suoi genitori.
Erano sguardi silenziosi e solidali, nonostante i quali tutto andrà avanti come prima, i treni cinesi rimarranno insicuri, le tratte ad alta velocità continueranno ad essere costruite male e in fretta. Ma quello di quei vecchietti era un sentimento autentico e prezioso. Nel giorno dell’editoriale del filosofo Vittorio Feltri sull’imperizia militare delle vittime di Utoya, qualunque cosa facesse la respirazione bocca a bocca alla pietà non poteva che darmi conforto.  

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