Res cogitans, Soletta, Stream of consciousness

Il Natale di Zoro e Anita

 

“X Babbo Natale. P.s. sono due fogli, leggi davanti e dietro. Anita”.

La busta sta lì, debolmente incastrata poco sotto il puntale rosso e rotto ficcato nell’ultimo ramo storto dell’albero finto di famiglia.

Mia figlia, 8 anni, alla crisi non pensa, sicuramente non a Natale. Su un calendario in cucina segue il conto alla rovescia crocettando i giorni che passano, mirando quelli che mancano. A distrarla dalla meta solo il copione della recita di Natale, quella per la quale ha già imparato, come ogni anno, la parte sua e quella dei compagni di classe. Anita, quando vede Monti in tv, ancora non ha ben capito come catalogarlo. Fin qui era tutto facile e immediato, per un bambino, paradossalmente, più che per un adulto. A decidere chi fossero i pochi simpatici, e quindi i buoni, ci metteva un po’, ma sui troppi antipatici, e quindi cattivi, andava dritta, senza esitazioni. Su Monti e la Fornero tentenna, il che significa che a tentennare sono i genitori. Genitori che si troveranno davanti una lista di 63 o 64 richieste fatte dalla figlia per Natale nei due fogli da leggere, davanti e dietro. Il numero è quello, lo sappiamo già.

 Però, le anticipazioni rivelano anche che la bambina, forse suggestionata dalla ricerca di tecnica mediaticamente in voga, tra le richieste di quest’anno non ha inserito bambole ma binocoli, atlanti, prassinoscopi, torce dinamiche, foto stenopeiche e solari, alla ricerca di illusioni ottiche. Il meravigliato, compaciuto e un po’ preoccupato stupore genitoriale, è durato il tempo di spiegare ad Anita che un conto è ciò che si vorrebbe, altro ciò che si può. E che il tutto va quindi tarato su parametri di giustizia, opportunità, equità.

Insomma, figlia mia, c’è la crisi, anche per chi a Natale ha deciso di diventare tecnico da grande. Anita, ma non la senti la tv? E tutte ste metafore allora che le fanno a fare se non per far capire anche a te la gravità del momento? Non hai sentito che siamo su un treno che sta deragliando sull’orlo del burrone greco dove c’è il capezzale con i medici che arrestano l’emorragia? Non hai capito che siamo come la Lettonia, quasi come la Grecia, comunque l’Italia, qualsiasi cosa voglia dire? E le lacrime? E il sangue?

No Anita, non parlo dei senegalesi ammazzati da un fascista che ha fatto il fascista. E neanche dei rom quasi bruciati vivi per una bugia adolescenziale.

Quello, fuor di metafora, è il paese dove viviamo. Quella è l’Italia, oggi.

L’Italia che, così com’è, non la salvano né Monti né Babbo Natale.

L’Italia che devi salvare tu. Noi non ne siamo stati capaci.

Diego Bianchi (Zoro), “Il Venerdì”

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