Piccola posta, Soletta, Stream of consciousness, Tutte queste cose passare

Maria Solitudine e la Tav

I giornali sono distratti, e non hanno memoria. Divenuti col tempo molto più schematici, tirano una riga nel mezzo e spiegano a sinistra PERCHÉ LA TAV SÌ e a destra PERCHÉ LA TAV NO. Cifre contro cifre, vantaggi contro svantaggi: il giudice unico è il lettore. Confuso, nel mio caso. E se le parole non aiutano a capire, le immagini non prestano un miglior servizio. Prendete il manifestante che insulta il celerino: fa venir voglia di abbonarsi al “Giornale” di Sallusti.

Toccherà leggere ancora, quindi, e ascoltare altre voci. E rimanere a guardare nella speranza di sciogliere il garbuglio.

Non aiuta a chiarire le proprie idee, probabilmente, nemmeno questa storia invecchiata in fretta. Con protagonista uno di quei nomi che mi sono brutalmente imposto di non dimenticare mai, pena l’avere schifo di me stesso.

 

Dal Monferrato, dalle Langhe, dalla Val di Susa, dal Piemonte profondo, partivano, senza aver mai visto il mare prima, alla volta dell’Argentina. Partivano perché erano poveri, o perché salesiani di don Bosco. «Molti anni fa un ragazzo genovese di tredici anni, figliuolo d’un operaio, andò da Genova in America ­ solo per cercare sua madre». Comincia così il penultimo «racconto mensile» del libro Cuore, «Dagli Apennini alle Ande» (De Amicis lo scriveva con una p, Apennini). Due anni fa una ragazza porteña di 22 anni, figlia di una famiglia ricca, discendente del Rosas che fu dittatore dell’Argentina dal 1829 al 1852, venne da Buenos Aires in Europa, sola, per cercare qualcosa. Prima o poi, fra qualche giorno, o qualche anno, uno scrittore, o una scrittrice argentina verrà a raccogliere la storia della ragazza, e ne trarrà un racconto. Lo intitolerà così: Dalle Ande agli Apennini. Per facilitare il suo compito, trascrivo le notizie essenziali, come si ricavano dalla stampa.

La ragazza si chiama Maria Soledad Rosas. Ha una sorella, Maria Gabriela. Abitano nel quartiere Palermo, in Calle Beruti 3000. Le calles di Buenos Aires sono lunghissime, infatti. Soledad (vuol dire solitudine; in casa la chiamano Solíta, a Torino la chiameranno Sole) studia in un collegio cattolico, poi alla facoltà di amministrazione dell’università di Belgrano. È una studentessa modello. Ama i cavalli, è vegetariana.

1996. Parte per l’Europa in viaggio premio. Va in Spagna, poi, dal febbraio ‘97, in Italia. Si sposa a Torino con un giovane italiano, per ottenere la cittadinanza. Ma si innamora, nel settembre del 1997, di Edoardo Massari, riparatore di biciclette e anarchico, che ha 37 anni, e si innamora di lei. Lei lo chiama Edo. I suoi compagni lo chiamano Baleno. Si sono incontrati nell’ex manicomio di Collegno, che ora si chiama Casa Okupada sembra un nome argentino, come Casa Rosada.

5 marzo 1998. Soledad, Edo e Silvano Pellissero sono arrestati con l’accusa di banda armata. «Ecoterroristi» scrivono i giornali. A un visitatore, Soledad avrebbe detto: «Qualche cazzata l’abbiamo fatta, ma non quelle che dicono loro».

28 marzo. Edo si impicca con un lenzuolo nella sua cella, al braccio B del carcere delle Vallette, alle 5 di mattina. Sole scrive una lettera ai compagni: «Io ho sempre pensato che ognuno è responsabile di quello che fa, però questa volta ci sono dei colpevoli… Il carcere è un posto di tortura fisica e psichica… Intanto mi castigano e mi mettono in isolamento. Secondo loro lo fanno per “salvaguardarmi”, e così deresponsabilizzarsi se anch’io decido di finire con questa tortura… Protesto, protesto con tanta rabbia e dolore».

1 aprile. Soledad viene portata in manette all’obitorio. Gli agenti di scorta riferiscono che avrebbe sussurrato: «Arrivederci amore, ci vediamo presto».

2 aprile. Massari è sepolto nel cimitero di Brosso, in Val Chiusella. Suoi compagni aggrediscono dei giornalisti, e ne feriscono seriamente uno.

16 aprile. Soledad, che dal 29 marzo fa lo sciopero della fame, viene assegnata agli arresti, presso una comunità. Don Luigi Ciotti si è fatto garante per lei. L’accusa di banda armata è caduta. Ora è accusata di aver partecipato al lancio di una bottiglia molotov al municipio di Caprie, in Val di Susa. La comunità si chiama Cascina Sotto i Ponti, in località San Grato, nella frazione Podio di Bene Vagienna, nei pressi di Fossano (Cuneo). Soledad chiede di essere rimessa in libertà, di poter lavorare.

6 luglio. I sostituti procuratori competenti chiedono il rinvio a giudizio di Soledad e Pellissero, che sta facendo lo sciopero della fame nel carcere di Novara.

11 luglio. Soledad si impicca con un lenzuolo nella doccia, alle cinque di mattina. La ritrova il giovane marocchino Brahim Daabe. Respira ancora. È morta quando arriva l’ambulanza.

12 luglio. Il sostituto procuratore competente dichiara che Soledad aveva avuto un «ruolo marginale», che contro di lei c’erano «accuse leggere», e che «è arrivata a Torino dopo gli attentati contro l’Alta velocità».

12 luglio. Eseguita l’autopsia nell’obitorio di Mondovì, il corpo di Soledad viene trasportato da un furgone dell’impresa funebre Bottero di Bene Vagienna al cimitero di Torino, per esservi cremato. Le ceneri saranno mandate in Argentina.

12 luglio. La perquisizione in cascina trova un quadernetto di appunti, un paio di libri e alcune riviste: vengono portati in un sacco alla procura di Mondovì.

13 luglio. La madre di Soledad, Marta, al telefono da Buenos Aires dice: «Lo Stato italiano dovrà darmi una spiegazione. Qualcuno dovrà dirmi perché non le era stata concessa la libertà con il semplice obbligo della firma, perché non ha potuto cercarsi un lavoro. Voglio una risposta, voglio capire perché una ragazza accusata di aver lanciato una bottiglia molotov contro un municipio torna a casa sua in una bara». 13 luglio. Alcuni squatter lanciano uova piene di vernice contro la redazione torinese del quotidiano «La Repubblica». Ma si sbagliano, e colpiscono la sede della Corte dei conti. 14 luglio. Un giornale scrive: «Forse qualcuno avrebbe dovuto valutare meglio cosa stava succedendo». Chissà come racconterà questa storia lo scrittore, o la scrittrice, che verrà dall’Argentina. Guardate che il libro Cuore non è affatto sdolcinato, o a lieto fine. Finisce bene il viaggio di Marco, a Tucuman, ma lui sapeva che cosa cercava: cercava sua madre, e l’ha trovata. Chissà che cosa cercava Maria Soledad Rosas. Speriamo che non vogliano immaginarlo, o spiegarlo. I suicidi non si spiegano. Uno li vale tutti. Ognuno ha il diritto alla sua speciale solitudine.

Adriano Sofri, “Panorama”, 23/07/1998

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