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La Marilyn di Noemì

Quando Noemi è entrata a Scuolamagia, io non l’ho soltanto accettata, con i suoi pregi e i suoi difetti; io l’ho pure acceNtata. Nei panni di Noemì ha trascorso 3 intensi anni della sua vita prima di andarsene, con decisione unilaterale che non non ho mai digerito del tutto, a compiere studi liceali.

Qualche settimana fa, in biblioteca, stava cercando su Google immagini di Marilyn Monroe. Le servivano per uno dei suoi disegni, e alla fine la decisione è stata collettiva: sua, mia, degli altri ospiti della biblioteca. Quella lì, con la collana di perle. Poi abbiamo cliccato su “stampa” e ci siamo detti bye bye baby.

Nei venerdì successivi ogni volta che l’ho incontrata le ho chiesto notizie della sua Norma Jeane Baker, manco fosse un paziente in sala operatoria. «Devo finirla», rispondeva. Oppure: «ci siamo quasi…». Confesso che dopo l’ultimo bollettino, piuttosto sul vago, ho deciso che non avrei insistito oltre. Nella vita ho cominciato mille disegni che non sono riuscito a terminare, ho iniziato racconti che si sono persi dopo un paio di facciate, ho pieni i cassetti di prime strofe di canzoni prive di ritornello. Mi sono sentito inopportuno e indiscreto. La Marilyn Monroe di Noemì aveva tutto il diritto di giacere appallottolata nel cestino della carta, sotto la scrivania.

Parole in questo post ce ne son troppe. Com’è finita questa storia l’avete già capito.

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