Res cogitans, Stream of consciousness, Tutte queste cose passare

La mission impossible della Canalis

Condannata dalla sua avvenenza ad essere considerata incapace di qualunque altra azione che non sia lo starsene in posa, Elisabetta Canalis ci fa oggi riflettere sul tema della sete.

Lo fa impersonando un cane, rinchiuso da un padrone crudele dentro una macchina parcheggiata al sole. Nel video girato per la Peta, la giovane donna boccheggia, si fa aria con le mani, aderisce col viso all’unico spiffero, scalcia furiosa, rinuncia, muore.

Bisognerebbe approfondirlo, il pregiudizio degli italiani maschilisti – uomini e donne, tant’è – che sanno distinguere in 20 secondi di spot il quid che separa un’attrice “cagna maledetta” da una grande attrice. Chissà chi avrebbero visto bene al posto della soubrette sarda: Anna Magnani, Margherita Buy, Meryl Streep? O forse qualche stella venuta dal teatro: Piera Degli Esposti, Mariangela Melato?

Il problema è che Elisabetta – volente o più probabilmente nolente, ché qui si tratta di tutto tranne che di difendere la Canalis – ci dovrebbe far pensare alla sete. E la sete, non c’è metodo Stanislavskij che tenga, non la sa recitare nessuno. La sete non si finge. Nemmeno quelli con gli Oscar sul comò, ci riescono.

La sete non si raggiunge con l’astrazione, non si tocca nemmeno con la compassione.

La sete non è più roba nostra.

La sete è ormai roba da cani e da altri poveri avanzi dell’umanità.

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