Res cogitans, Stream of consciousness, Tutte queste cose passare

Con una finestra aperta sulla morte

Le immagini di Francesco Mastrogiovanni mentre muore legato ad un letto d’ospedale non sono inedite. In passato le tv le hanno già mostrate e discusse. La novità di questa iniziativa dell’Espresso e dell’associazione “A buon diritto” (guidata da Luigi Manconi) sta nel proporle integralmente. Quattro giorni di streaming sul sito del settimanale, con un orologio gigante a scandire il tempo infinito di quell’orrore. Una scelta forte, un pugno nello stomaco, a suo modo un esperimento che ho prima di tutto testato su me stesso. Ieri ho lasciato quella pagina aperta, mentre scrivevo e lavoravo al pc. Ogni tanto buttavo un occhio, il tempo per rabbrividire di vergogna. Quello che ho pensato, al momento di spegnere tutto e andare a dormire, è che non dovrebbero servire le immagini. Una storia così dovrebbe pugnalarci anche se raccontata da un trafiletto minimo, anche se letta da un mezzobusto in un Tg della notte. Invece, e forse non basta ancora, abbiamo bisogno di quella dose da cavalli, e di entrare in un meccanismo mediatico che sembra un gioco. Seppur terribile, un gioco.

Piccola chiosa moralista, destinatari quelli dell’Espresso.

I dubbi sull’operazione mediatica li avete avuti pure voi, immagino. Sapevate che era un azzardo. Se servirà a qualcosa bisognerà dirvi grazie. Su quella pagina web, però, almeno su quella, per il tempo di quelle 82 ore, la finestra pop up che si apre sovrapponendosi a quel corpo nudo e abbandonato per pubblicizzare la nuova Audi A3, ecco, quella no.

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Le storie di Scuolamagia, Res cogitans, Stream of consciousness

V’al più l’apratica

Qualche anno fa ricordo di essere entrato in una sala insegnanti affollata mentre una collega di lettere stava facendo scompisciare un nutrito gruppo di altri prof. Gli autori di quel vasto repertorio comico erano i suoi alunni con i loro strafalcioni linguistici nei temi in classe. La sensazione fu sgradevolissima e confermò in me il disprezzo per l’elitismo grammaticale, quell’ottusa convinzione di primeggiare in cultura soltanto in virtù della dimestichezza con accenti, apostrofi e consecutio temporum.

Due giorni fa ho letto e corretto il testo appassionato di un cucciolo appena sbarcato alle medie. Tristi ricordi e amare considerazioni sul quinquennio precedente, quello alle LEMENTARI.

In passato ho incontrato interessantissime parole sul complesso mondo del L’AVORO, ho valutato immaginari viaggi sulla L’UNA e improbabili delitti compiuti a LUNA di notte.

Una ragazza in possesso di una scrittura limpida ed efficacissima mi ha raccontato una volta della sua partecipazione alla DUNATA degli alpini.  

Già ripiena di tutti i crimini che mente umana possa immaginare, la famosa lettera che circola in questi giorni sulla stampa si macchia anche di gravissimi reati di lesa grammatica. Primo fra tutti quel D’AVVERO.

(E tutti a scherzare quel L’AVITOLA, pensare che è stato pure direttore de “LAVANTI”.)

Anche in questo caso, non rido e non piango (per gli apostrofi, almeno; per il resto ne possiamo parlare…) e propongo con forza la depenalizzazione dei reati linguistici minori. 

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