Res cogitans, Stream of consciousness

Le mie 48 ore da Obama

Sono stato Obama per 48 ore. Ho vissuto la mia piccola crisi siriana standomene comodamente in terrazza. Sono stato combattuto tra l’interventismo e la non ingerenza: due istanze opposte che si sono scannate al ritmo dei passi delle mie vecchie ciabatte. Ero in possesso di prove evidenti: l’individuo sospetto era troppo nervoso, decisamente inquieto. E poi era palese la sua intenzione di spiare un orizzonte senza da quell’orizzonte poter essere spiato. Guardava guardingo alla sua destra, ignorando me che dall’alto lo guardavo guardare. Cosa calamitasse i suoi occhi, nel corso di quasi ogni sera nelle ultime due settimane, mi era più difficile stabilirlo. Il supermercato, certo, ma chi? Ma cosa? Ma perché? Il punto, tuttavia, era quell’ansia che lo divorava, quel continuo salire e scendere dalla macchina, il sistemare il berretto sul capo, calando il frontino in direzione degli occhi. Fino a quell’ultima mossa intravista dalla mia postazione di guardia: indossare e togliere un paio di guanti in lattice. La prova regina, anche per uno come me che non frequenta alcun tipo di letteratura gialla e noir. Che fare? Confidare nella favoletta della cittadina tranquilla in cui certe cose non succedono o lasciarsi trasportare dal fiume in piena del sospetto? Mi sono tornate alla mente le tante cronache incrociate sui giornali, inzuppate di sennodipoi, e le tante tragedie che forse “pensando male” si sarebbero potute impedire.

E allora ho preso il telefono e ho sentito dall’altro capo il peso della mia stessa preoccupazione. Solo che era una delle tante, in un mestiere in cui da un pensiero è automatico si scateni un’azione concreta e decisa. Ho sentito quindi  spronare una volante, a cui venivano fornite precise indicazioni logistiche, mentre ancora stavo descrivendo all’operatore quel berretto calato sugli occhi.

Nulla di cruento è seguito. Un goffo tentativo di fuga, un’identificazione, la raccomandazione di tornarsene a casa.

Non sono convinto di aver commesso un errore. Credo che si comporti davvero in quel modo sospetto chi fa la posta ad una ex colpevole di abbandono, un potenziale femminicida. Ma non era questo il caso. Ad altro serviva quell’attesa, ad altro era mirata la protezione di quei guanti. A una balla d’insalata mezza andata. A un pomodoro ammaccato, a quel che resta di una pesca sotto il superficiale strato ammuffito. Ho ostacolato il terribile reato di raspare in un cassonetto, ho impedito l’intercettazione di qualche alimento troppo imperfetto per finire nella sporta di una massaia ma ancora in grado di colmare il vuoto di una fame.

Non riesco a non pensarci, impotente, nel giorno in cui un sacco di persone di buona volontà giocano al digiuno.

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