Res cogitans, Stream of consciousness, Tutte queste cose passare

Vite che non sono la mia

Da qualche tempo prima di andare a dormire clicco su Repubblica.it e dedico le mie penultime energie (le ultime spettano di diritto al libro che ho sul comodino) a Il mondo in un minuto, piccolo compendio quotidiano di fotografie dal pianeta. Gli scatti che mi colpiscono di più finiscono spesso a fare da copertina al mio profilo su Facebook.

Mentre compio questo piccolo rito, sono sfiorato da un pensiero ricorrente: l’oriente mi sembra più fotogenico dell’occidente. Mi stupisco dell’ingenuità di questo assunto, che so demolire dialetticamente anche da solo, ma tant’è: mi capita di rimanere incantato davanti ad un mercato popolare di Giacarta più che davanti ad un corteo di operai messicani, davanti ad un panorama di Taiwan prima che dinnanzi allo skyline di Toronto.

La faccio breve e confesso di sentirmi una merda per aver guardato le immagini provenienti dalle Filippine con gli stessi occhi di quando metto in scena il mio “premio fotografico” delle sere qualsiasi. Ho visto la bellezza dove avrei dovuto sentire soltanto la compassione. Ho benedetto il talento ma anche la fortuna di chi ha saputo incastonare una bambina disperata nel mosaico dei fili elettrici ingarbugliati ai rami; ho trovato spettacolare una moto guidata da un padre in fuga, passeggeri due figli piccoli e due enormi orsi di pezza.

Dal poco che so di quell’arcipelago lontano è riemerso poi questo video, che credo domani mostrerò ai miei giovani virgulti, con la storia pazzesca degli abitanti del cimitero di Navotas, a Manila. Un affresco di vita, occhi spalancati, salti e corse a piedi nudi messo in scena direttamente nel teatro della morte.

Ma ci son ricascato, quella è di nuovo la bellezza.

Di vite che non sono la mia*.

 

Above and Below from Stefan Werc on Vimeo.

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