Piccola posta, Senza categoria, Soletta, Stream of consciousness

I miei magnifici 11

Raccolgo la sfida lanciatami su Facebook e stilo la mia personale formazione di libri che cambiano la vita. L’espediente calcistico mi permette l’aggiunta di un undicesimo titolo, dopo che fin troppo dolorosa è stata l’esclusione del dodicesmo, del tredicesimo, del quattordicesimo, ecc.

Il numero di maglia corrisponde al ruolo da interpretare sul campo, secondo l’antica scienza numerologica calcistica, per chi la conosca e ne sappia svelare gli arcani.

Pronti, attenti, via.

1. Portiere

Alexander Langer, Il viaggiatore leggero

Perché se anche solo un uomo politico su dieci perseguisse le sue idee, il mondo avrebbe risolto ogni suo problema. Perché Alex aveva irrimediabilmente sempre ragione.

2. Terzino destro

Domenico Starnone, Solo se interrogato. Appunti sulla maleducazione di un insegnante volenteroso

Perché il primo giorno che sono entrato in classe mi sono comportato come sta scritto lì dentro, e forse anche nei giorni successivi…

3. Terzino sinistro

Goliarda Sapienza, L’arte della gioia

La storia di una donna, che tutte le donne dovrebbero aver letto…

4. Mediano di spinta

Luigi Meneghello, Libera nos a malo

Il libro meno provinciale che ci sia, scritto in provincia della provincia della provincia che sta più in provincia.

5. Stopper

Ugo Riccarelli, Il dolore perfetto

La scrittura più limpida, rotonda, perfetta. Un punto fermo.

 

6. Libero

Adriano Sofri, Piccola Posta

Perché di uomini più liberi di lui non ne conosco.

 

7. Ala destra

Giovanni Maria Bellu, I fantasmi di Portopalo

Mi ha fatto capire qual è LA questione del tempo in cui mi è capitato di vivere. Non solo, mi ha fatto capire anche di aver avuto un amico che si chiamava Anpalagan Ganeshu.

 

8. Mezzala destra

Elsa Morante, La Storia

Perché il bambino Useppe da solo meriterebbe la maglia da titolare. Poi ci sono tutti gli altri personaggi.

 

9. Centravanti

Antonia Pozzi, Parole

La poesia segna più della prosa. Antonia è anche il capitano della squadra.

 

10. Mezzala sinistra (regista)

Andrea Pazienza, Perché Pippo sembra uno sballato

In quel ruolo ci vuole per forza un genio.

 

11. Ala sinistra

Arundhati Roy, Il dio delle piccole cose

Perché l’autrice, tra le mille invenzioni, s’inventa il plurale di pelle d’oca (“6 pelledoche”). E poi ti porta in India, e ti ci fa accomodare.

 

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Le storie di Scuolamagia, Senza categoria, Soletta, Stream of consciousness

Buona scuola a tutti

 

Che cosa c’è dentro le vostre teste, bambini?

Che cosa c’era dentro la mia?

Il sandalo sporcato nella polvere,

il passo leggero del lupo

il sasso che spacca la bottiglia

l’aria pulita nel cerchio delle pupille

nel declinare del sole

la figura di un biplano rampante,

che cosa c’era dentro la mia?

 

Sono qui, con voi, perché sia voce

la mia dentro le vostre

voce dimenticata

e l’assolata fantasia dei vostri anni

la forza che reclama da ogni radice il frutto

salvata intatta nel vostro guardare di uomini,

che cosa posso perché voi possiate,

che cosa posso io, a voi che tutto potete

a voi che guardate le cose che vi daranno lo sguardo

che cosa posso, bambini?

 

Pierluigi Cappello

 

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Italy in a day (è un giorno in Italia, anche questo, in un parcheggio in cima al mondo…)

 

Cara 3ª C,

ormai ex 3ª C, ed è già quasi ora di farvi l’inboccaallupo per quando diventerete 1ª qualcheccosa, sparsi qua e là tra le scuole superiori. Ma non oggi, oggi guardo indietro e vi chiedo se vi ricordate di quel giorno, era il 26 ottobre 2013, in cui siamo usciti dall’aula per girare quei due piccoli video. Vi ricordate?

Nel primo, uno di voi se ne stava seduto sul banco per scrivere un tema, con penna, astuccio e vocabolario. Soltanto che il banco l’avevamo piazzato in mezzo al cortile, e subito cominciava una partita di calcio che di quell’oggetto se ne fregava, faceva finta che non ci fosse. Chi scriveva guardava nel vuoto, come chi pensa profondo, e mordeva il tappo. Gli altri stoppavano e crossavano, passavano, tiravano e paravano. Contemporaneamente.

Per girare il secondo ci eravamo spostati sulla Gomba, il punto panoramico di Forni Avoltri, da dove la scuola diventa piccola piccola, come tutto il resto, e soltanto il fiume sembra paradossalmente diventare più grande, mostrando con chiarezza il suo fare a fette il paese. Lassù prima guardavate in camera, sorridenti e un po’ misteriosi, poi facevate un urlo potente affacciati sul vuoto, in direzione delle case. Una parola sola dicevate al mondo, e non era nemmeno importante che fosse quella, la parola, il bello stava tutto nel fatto di dirla. Il bello stava negli altri paesani che lì sotto l’avrebbero sentita, chiedendosi a quale nuovo gioco stessimo giocando in quella mattina di ottobre.

Oggi a Venezia il regista Gabriele Salvatores, quello che doveva mettere insieme i pezzi, ha presentato il suo lavoro. Pezzi ne ha raccolti 44.000.

Voi non ci siete, ve lo posso assicurare anche se non ho visto il film. Siete minorenni, e se avessero scelto le vostre facce mi avrebbero chiesto le autorizzazioni delle famiglie, quelle che si chiamano “liberatorie”. Non l’hanno fatto, anche se per tutta l’estate ho sognato di rispondere al telefonino e dire “Ah, ciao Gabriele, certo, ok, vedrò cosa posso fare…”.

Non credo non siate piaciuti a Salvatores, nel trailer ci sono scene nemmeno troppo diverse e vi confesso che nelle “situazioni” che abbiamo rappresentato c’avevo infilato qualche piccola citazione dei suoi film… (per esempio, lui una volta s’è inventato una partita a pallone nel deserto che un po’ somigliava al nostro tema calcistico…).

Piuttosto la qualità delle immagini non era all’altezza, i nostri mezzi erano quello che erano e il sottoscritto valeva come mezzo cameraman.

È andata così, però io di quel giorno ho un bellissimo ricordo e quei due “filmati” li guarderò quando mi mancherete un bel po’, forse ma forse.

 

Il 27 settembre Italy in a day andrà in onda su Rai3. Io sarò davanti alla Tv, non si sa mai. Magari un frammentino senza facce, un fotogramma del paese visto dall’alto, il sonoro del vostro urlo… Insomma, e se…

 

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