Stream of consciousness, Tutte queste cose passare

C’era uno al mio paese. Era Cruyff.

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C’era uno, al paese della mia infanzia.

Lo chiamavano Cruyff.

All’epoca ero un ragazzino delle elementari, molto per bene e pure un po’ secchioncello.

Tuttavia, pensavo sempre e soltanto al calcio. Oltre a quello che praticavo con scarsi risultati al campetto, c’erano quello da tifare in tv, quello da leggere (meglio, studiare) sul “Guerin Sportivo”, quello da contemplare in chiave ironica (ma sognante) nei cartoni di Holly e Benji, quello da disegnare su certi quadernini che ancora conservo, quello da giocare con qualsiasi giocattolo, da Big Jim calciatore (creato all’uopo) fino agli animali della savana orrendamente piegati a calciare biglie di vetro. Giraffa compresa, eccellente nel gioco aereo.

E ogni, tanto, per la strada, mi capitava di incontrare Cruyff.

Sì, perché nonostante fosse ovvia la ragione di quel nomignolo, io a quell’uomo che avrà avuto meno di trent’anni non ho mai visto segnare una rete, nemmeno fare un tiro o calzare un paio di pantaloncini da calciatore. Niente di tutto ciò, lo ricordo in jeans e maglietta, al negozio di alimentari, davanti al bar per un bicchiere con gli amici.

Però era Cruyff, qualcuno l’aveva chiamato così e tutti si erano adeguati. Non poteva essere soltanto per via di quel suo essere un lungagnone dinoccolato, con viso magro e appuntito, seppur coperto da una folta barba chiara.

Va detto anche che al mio paese, piccolissimo comune di montagna, tutti eravamo piuttosto fieri della locale squadra di calcio, infarcita di talentuosi giocatori invidiati da tutti i tifosi delle vallate limitrofe. Senza che Cruyff ne indossasse la maglia, però, a causa di un lavoro che lo teneva per lunghi periodi troppo lontano da allenamenti e partite. Mi sembravano dei mostri, e non avevo ancora visto niente. Non avevo visto Cruyff.

Un’altra cosa va aggiunta. A quei tempi, parlo della metà degli anni ’80, un ragazzino come me non aveva mai visto nemmeno Cruyff quello vero. Il Profeta del gol si è infatti ritirato nel 1984 e allora mica esistevano le compilation su YouTube e i Vine da pescare su Twitter. Insomma: guardavo con infinita ammirazione “uno” che somigliava a “uno” che non avevo mai visto, se non in qualche foto. Un doppio atto di fede carpiato. Di quelli che riescono bene ai bambini, probabilmente grazie alla magia di certi racconti ammalianti fatti dagli adulti.

Avevo una decina d’anni, camminavo per strada nel paesino dove tutti si conoscono e dicevo con gentilezza “ciao”. A tutti.

A volte mi rispondeva Cruyff.

P.S.: Per la cronaca, il Cruyff del mio paese non l’ho mai visto giocare, per quell’altro poi fortunatamente sono arrivate le compilation su YouTube e, per la cronaca, il goal più bello è questo qua.

 

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