Soletta, Stream of consciousness, Tutte queste cose passare

Claudio Lolli, Poeta

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Se questo blog si chiama Pozzanghera è colpa di un verso di Claudio Lolli, intanto.

Poi penso al destino che lo accomunava ad Andrea Pazienza, che disegnava le copertine dei suoi LP. Essere conosciuti e ricordati quasi esclusivamente per la dimensione politica della loro arte – l’impegno, il Movimento, la ribellione, Bologna, il ’77, “quegli anni” – mentre sfugge, incanalata come pioggia in un tombino, la grandezza inarrivabile della Poesia. Ogni volta che ho visto Lolli muoversi quasi svogliatamente sopra un palco, con tra le mani il libro ingiallito e consumato dei suoi testi, ho pensato che fosse l’unico cantautore a poter essere davvero soltanto letto, senza chitarre, arpeggi, bassisti e ritornelli. Come un poeta, appunto.

Un altro poeta, Gianni D’Elia, di Claudio Lolli scriveva così.

 

Claudio, sapessi
quanta malinconia
nell’attacco arioso del sax
quanta via
fatta dagli anni della nostalgia

quanta vita
riemersa ma vaga
una sola fitta strana
uno struggimento
nel movimento ampio del sax
che risoffia la sua fiammata
e riapre la ferita d’ogni giornata.

Claudio, sapessi
verso il mare
mentre il passo trasale
e i brividi
arrivano ai denti
come la canzone dei tuoi zingari
che suona più nel petto che nel sole
come i lividi
il languore e lo smarrimento
che risuona dentro
nel solco del cuore.

Claudio, quello non fu
il sogno di un momento
e fu l’amore
fu il sogno vero
fu il vento
di cambiare con la testa
il cuore la gioia
di fare della gioventù un portento.

No, venuta su in mezzo alle bombe
generazione
contro il muro dei padri schiantata
educata a un dolore senza amore
a sparare nello specchio
aizzata
per una giustizia di strada sbarrata.
non fosti
il sogno di un momento
generazione.

Claudio, sapessi
quanta malinconia
nel sax
che risoffia la sua fiammata
e riapre la ferita d’ogni giornata
per quegli anni già pieni d’energia
per la speranza comune a ogni cuore
che risuona più nel petto che nel sole
come i lividi, il languore e lo smarrimento
stracciata nel vento col suo amore.

Claudio, ricanta la nostra canzone

 

Gianni D’Elia, Riascoltando gli Zingari Felici

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Ponte Morandi e le cose più grandi di noi

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Una cosa che non dice nessuno. Magari a ragione, ché sicuramente sbaglio io. Però, in mezzo a tutto questo pressapochismo dei tanti ingegneri autonominati, davanti ai distributori di colpe e di ammende (150.000.ooo di multa, abbiamo già la cifra tonda, come si trattasse di un divieto di sosta e non di una vicenda che andrà a sentenza tra 18 anni e 7 governi…), davanti a chi sulle macerie di questa tragedia marcia sopra da ore… ecco, pensare che qualcosa di davvero imprevedibile possa essere accaduto. Qualcosa che possa essersi infilato nel muro spesso dei calcoli matematici che facevano reggere la struttura di quell’opera, qualcosa di ovviamente associato a qualcos’altro che a sua volta era legato ad altro ancora, perché come diceva Gadda i fatti hanno cause e concause concatenate assieme e sono uno gnommero, diceva lui, un garbuglio inestricabile, insomma un gomitolo disordinato in cui i capi del filo va a finire che si smarriscono. Mettiamo pure che ci siano stati errori umani, a vari livelli, e superficialità – tante – ma che siano stati “piccoli”, trascurabili davanti alla forza di quell’imponderabile. Sono consapevole che quando costruisci un viadotto pieno di Tir sopra un condominio pieno di bambini l’imponderabile dovresti averlo domato, ma so anche che a volte noi umani ci siamo illusi delle nostre possibilità, e infinito è l’elenco dei nostri passi più lunghi della gamba.

Non fatalità, quindi, ma fallacità: l’immenso inganno del nostro essere uomini. Perché no?

(Poi ho sicuramente torto, ma se l’alternativa è Benetton che nuota nella piscina riempita di euro e ridacchia mentre sbatte giù il telefono ai tecnici che gli riferiscono gli scricchiolii sinistri del ponte, ecco…) 

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Leoni da tastiera, però buoni, che fanno #RoarForJess

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Premessa indispensabile: si tratta di un post buonista.

Contiene tracce di umanità ed empatia, frammenti di cura per gli altri e bontà gratuita. Si astengano pure i cinici, gli odiatori seriali, gli svelatori di complotti e i fustigatori di migranti invasori.

Non so voi, ma io ogni tanto ho bisogno di pensare che in queste pagine che scorriamo con il dito, che commentiamo, cuoriciniamo o non cuoriciniamo, ci sia ancora qualcosa di buono che ci avvicina invece che dividerci. Ho bisogno di trovarci il contrario di quel buco nero rappresentato da un mio simile che legge di un incidente con 12 vittime con la pelle di un altro colore e ci scrive sotto “meno 12”. E non lo fa come si può fare di notte con un secchio di vernice a macchiare un muro in maniera anonima. Lo fa con la sua faccia, con il suo nome ed il suo cognome, e poi si mette lì tranquillo a contare i like e gli improperi di quelli che s’incazzano, felice per l’esistenza di entrambi.

Ecco, a me serve il contrario di quella cosa lì.

E ieri l’ho trovato.

Complice del ritrovamento, il leader laburista britannico Jeremy Corbyn.

(“Comunista!”, diranno i miei 25 lettori di destra. Proprio lui, ma la politica questa volta non c’entra).

Il tweet di Corbyn che metto a fuoco sul mio telefono è una sorta di messaggio per qualcuno che non conosco. Si apre con un saluto (Hi!) e continua con un gran bel complimento (you are a shining star) e contiene una lode decisamente impegnativa: sei una fonte di ispirazione per tutti noi.

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Destinataria: Jess.

E chi è Jess?

Clicco sull’hashtag riportato dal capo del Labour e tutto diventa subito più chiaro.

DcIZvYCWkAElUYHJess è una bambina di 10 anni. Gli ultimi 7 li ha trascorsi lottando contro un male brutto, un male osceno che mi si conficca negli occhi appena clicco su qualche foto e lui sta proprio lì, a pochi centimetri da quel musetto allegro e intelligente. Un male che si vede con la stessa evidenza con cui è possibile inquadrare la dolcezza, la simpatia, la luce di quegli occhi bambini.

Il mondo dei social conosce già Jess, in passato sono esistite raccolte di fondi per permetterle di affrontare cure nuove e particolarmente costose. Questa volta, però, i familiari della piccola hanno lanciato un altro tipo di appello.

Pare, infatti, che non ci sia proprio più nulla da fare. Che le speranze di guarigione siano tramontate. Si tratta vivere il tempo che manca e la cosa che deve essere sembrata chiara e lampante a quelle persone devastate ma inclini al pragmatismo è che una giornata trascorsa attendendo il messaggio di un tuo idolo di bambina possa essere migliore di una giornata priva di quell’elemento emotivo.

Tra i primi messaggi giunti al capezzale di Jess, quello della popstar Katy Perry. Sua la canzone preferita dalla bimba, entrata di prepotenza nell’hashtag ufficiale di questa strana missione: #RoarForJess. L’idea del ruggito forse è appartenuta ad una fase in cui la medicina nutriva ancora qualche speranza per la giovane londinese, ma chi può negare che i prossimi giorni non richiedano comunque un coraggio da leonessa?

Così, rincorrendo l’hashtag di Jess ci si imbatte in attori britannici che ruggiscono in video o per iscritto, in giovani cantanti che hanno composto per l’occasione allegri ruggenti ritornelli, squadre professionistiche di pallavolo che fanno 1, 2, 3 ROOOOAR in favore di telecamera. Ho scoperto grazie a Jess che esiste ancora la cantante Belinda Carlisle: in prima liceo mi avevano regalato una sua audiocassetta.

La protagonista di un talent show britannico, il format per bimbi di “The Voice”, tale @astridsingsjazz. ha preso talmente a cuore la faccenda da riempire le sue giornate con pensieri e opere rivolti alla coetanea costretta a letto. La talentuosa cantante in erba rende un aereo e costringe il pilota a registrare un videomessaggio pieno di coccole, al quale si associa con loghi, livree e profili social ufficiali l’intera compagnia aerea.

Esistono in rete tutta una serie di bizzarri account Twitter di animali: eccoli accorrere in massa, la volpe, il gufo e l’elefante. Ognuno ha un messaggio carino, la gif di un unicorno o qualche emoticon da lasciare in dono. Ti distrai un attimo ed ecco un tweet dello zoo di Edimburgo: con gli auguri celebra l’odierna e mai più azzeccata giornata del leone: roarrrr!

Io di star system britannico capisco poco, ma piovono messaggi di cantanti, attori, dj, ballerine e disegnatori, tutte celebrità rigorosamente certificate dal social network con la sua “v” azzurra a fianco del nome. Perché i Personaggi conoscano la storia di Jess, però, è indispensabile il lavorio incessante dei mille taggatori sconosciuti che invitano i propri beniamini ad unirsi alla causa, stanando calciatori milionari e primi ministri. Messaggi hanno già raggiunto Justin Bieber e Paul McCartney, J. K. Rowling e Theresa May. Nei prossimi giorni per Jess potrebbero esserci altre sorprese.

Ogni sera, i familiari stilano un tweet per relazionare il mondo sulla giornata appena trascorsa dalla bambina. Al mattino abbastanza bene, al pomeriggio abbiamo dovuto aumentare la dose di morfina. Oggi Jess ha riso molto, ieri è andata un po’ peggio.

Jeremy Corbyn, Belinda Carlisle ed io aspettiamo quel tweet, ci sentiamo un po’ buonisti ma non certo scemi. Poi ruggiamo piano, quasi in silenzio, perché forse Jess si è già addormentata.

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