Le storie di Scuolamagia, Soletta, Stream of consciousness

68/57

 

“…il mio amore per i pennarelli è secondo solo

all’amore che nutro per me stesso.

Pennarello è bello e, se sai usarlo, se lo ami,

sa darti soddisfazioni,

diventa te, diventa tuo istmo,

ne ricordo uno, enorme, bleu

dopo tre anni cominciò ad avere la lingua

secca,

e presi a usarlo per le sfumature ghiaccio delle

mie nuvole, era un buon pennarello, e mi

dispiacque

quando morì, morì per aver perso il tappo…”

 

(Andrea Pazienza)

 

L’impresa è titanica, ma la 3ª di Scuolamagia sa che quando il gioco di fa duro, i duri cominciano a colorare. Si tratta di realizzare un planisfero. Il più grande mai realizzato, a mano, in una scuola media della Repubblica. E se non ci credete speditemi il post di un’altra pazza prof. o di un altro pazzo prof. che commissiona alla sua classe 6300 cm² di terre emerse e oceani da tingere a pennarello.

E qui veniamo all’amore per quegli oggetti, per i quali anch’io da sempre sbando e sbavo.

Non dovete pensare a quei cilindri con la punta grossa, quei sigari cubani di marca scadente (nonostante scomodi un grande pittore, architetto e tracciatore di circonferenze perfette) che vanno per la maggiore nelle scuole. Con quelli si colora in fretta, alla grossa, ma il primo sole basso dell’inverno, come una lancia, trafiggerebbe nazioni e acque, stingendole irrimediabilmente. Pensate a dei pennarelli teutonici, brillanti e slanciati, tenaci e costosi in maniera quasi proibitiva. Pennarelli inquadrati come in un esercito. Rosso chiaro 68/48 a rapporto. “Signorsì signore!”

Per un’ora alla settimana, quindi, eccoci sgobbare in un’operazione che sembra una Vandea didattica, un progetto di retroguardia. Ma come: oggi c’è Google Earth e questi tracciano fiordi norvegesi con le matite e li colorano a crucche tinte??? Nessuna contraddizione, in realtà: c’è un tempo per la vertigine tecnologica di planare col mouse sull’area industriale di Taranto e c’è un tempo per fare il callo sulle dita colorando di verde pisello il Madagascar. Una cosa non esclude l’altra.

Dopo un mese di lavoro, abbiamo imparato a distinguere il carattere di ogni pennarello. Infatti, solo in apparenza quei soldatini sono tutti uguali. Il rosso e l’arancione sono docili, si lasciano stendere con facilità. Il giallo ama il bianco del foglio e girerebbe volentieri al largo dal grigio della matita e da tutti i suoi colleghi. Il verde corre veloce ma non c’è verso, le linee che tracci non s’impastano, continueranno a sembrare astine ravvicinate (l’effetto ad alcuni piace, ad altri meno). Il viola stacca su tutto, è un pennarello arrogante. Il più difficile da dominare, infine, è senza dubbio un azzurro, quello che ha superato il provino per diventare oceano, ruolo ambitissimo. Non c’è verso di farlo star buono: un giorno si comporta come un cagnolino al guinzaglio, il giorno dopo inonderebbe le coste dell’Argentina e se lo guardi bene ti sembra pure più scuro della lezione prima. Capriccioso e anarchico, ma più spesso siamo soliti pensare “stronzo”.   

Si chiama 68/57, e tra un po’ ce lo sogneremo anche di notte. Sogneremo che ci rincorre, che ci dipinge fino a farci diventare dei Puffi.

Dovete capirci: in tutto son 6300 cm², e il 70% della superficie terrestre – si sa, non è una convenzione – si offre alla vista umana con quel colore, e sarà il caso di farsene una ragione…

Ciononostante, “pennarello è bello e, se sai usarlo, se lo ami,

sa darti soddisfazioni…”.

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