Le storie di Scuolamagia

L’aula 206

206

Da un mese o poco più, ogni mattina alle 10.00 in punto, al suono della campanella della ricreazione, un gruppetto di miei alunni sparisce e va a rifugiarsi nell’aula 206.

Per entrare è necessaria una chiave, ma quelle 3, 4, 5 bestiacce (il numero dipende dai giorni…) hanno capito dove viene solitamente riposta e non faticano ad impadronirsene. In fondo, all’ingresso dell’aula 206 nessun cartello vieta o limita gli accessi.

Dovete sapere che la 206 è l’aula più piccola di Scuolamagia. È davvero minuscola, davvero poco più grande di uno sgabuzzino. Si tratta di un ambiente molto disordinato, ma nel complesso sostanzialmente comodo e a modo suo accogliente.

Confesso di non aver ancora capito il perché di quella scelta dei ragazzi. In fondo il luogo in cui lavoro è una delle poche realtà scolastiche in cui gli alunni possono ancora correre e rincorre, colpire un palo o una traversa, fare un canestro, impennare con la bicicletta. Perché allora stringersi tra quelle pareti anguste? Cosa mi nascondono?

Ecco il punto. Perché a me, almeno in quel quarto d’ora, l’ingresso nell’aula 206 è proibito. Proprio non posso, è evidente, anche se nessuno si è mai premurato di comunicarmelo. Quello spazio viene letteralmente requisito. Occhio: nulla di sconveniente o vietato o crudele o volgare avviene per opera di quei ragazzi in quell’angolo di mondo. Lo so e lo so perché un vetro – quello che separa l’aula 206 dal resto della scuola – mi fa vedere tutto quello che succede all’interno. Si ride, nella 206, si ride tanto. Si ascolta musica, in realtà sempre la stessa, nella 206. Si gioca a guardare il riflesso delle proprie boccacce, perché nell’aula 206 c’è anche uno specchio. Ci si appoggia al compagno o alla compagna di turno: l’aula è piccola e favorisce la confidenza dolce dei corpi. Si parla, nella 206, e qualche volta sembra pure seriamente, magari il giorno che si è soltanto in due e quel posticino sembra nato per starsi ad ascoltare reciprocamente.

Al termine di quella piccola frazione di tempo, l’aula viene abbandonata in condizioni sostanzialmente dignitose e ogni cosa rimane al suo posto. In una sola  occasione si è verificato il furto di alcune caramelle Mentos – 6 esemplari – ma le colpevoli hanno prontamente confessato.

Io non ho nulla contro questa autosegregazione volontaria. È evidente quanto sia innocua, benefica, rilassante. Forse mi pesa un po’ il fatto di non esserci, di dover “guardare da fuori”, di non essere contemplato in quello che nei ricordi futuri delle mie alunne e dei miei alunni rimarrà come uno dei più bei giochi fatti ai tempi della scuola.

Ma poi, sono così sicuro di non essere contemplato?

In fondo, l’aula 206 è pur sempre la mia macchina.

 

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