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Gesti

veltroniLa leader dell’opposizione birmana probabilmente soffierà ancora su molte candeline da prigioniera. Certi gesti, però, mi sembra che ci possano far guardare un po’ più lontano. Che servano prima di tutto a noi, a noi che pensiamo sempre e solo alla ripresa, al cuneo, alle tasse, al precariato e alla pensione. A noi che pensiamo sempre e solo a noi, insomma. Buonismo o cinismo? Oggi sto con Veltroni e soffro pensando che Prodi una cosa così non la farà mai…

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BC

Quanti anni erano che non pensavo al BC? Tanti, tantissimi. Giocavo nei “giovanissimi” del mio paesello e lui era il mio allenatore. Credo lo chiamassimo COACH. Era giovanissimo, 4 anni più di me. Ma mi separava da lui una distanza abissale. Perché lui era il BC, il più forte calciatore che avessi mai visto. Me lo ricordo giocare divinamente tra gli adulti e meglio degli adulti quando io ero un bimbo e lui lo era appena stato. Fantastico, alto e leggero. Veloce e potente, autorevole. Un vero mito. Per molti anni, dopo che il calcio era diventato solo una passione per qualche rarissimo dopocena, ho continuato a misurare il mondo del pallone con il suo stampo. Lui, pietra di paragone. Quanti calciatori me l’hanno ricordato, ma anche se giocavano nel Brasile erano loro il volgare tentativo d’imitazione, mai riuscita. Gli rimproveravo il fatto di essere con gli anni arretrato, per fare il difensore. Per fare la difesa, meglio. Agli esordi era un Numero 10 capace di segnare e di far segnare. Era comunque fantastico vederlo compiere quei movimenti perfetti, con quella facilità. Sempre corretto, sempre più in alto, sempre più forte, sempre più veloce degli altri. L’ho guardato per ore da dietro la ringhiera di un campo sportivo, l’ho guardato uscire dalle Medie con OTTIMO, lo ricordo persino mentre sorregge la madre il giorno del funerale di suo padre. Provvidenziale, sempre. BC erano e sono le sue iniziali, chissà se lo chiamano ancora così: Bicì. Oggi scopro che ha smesso, dopo una bella carriera giunta più volte fino sulla soglia del professionismo. Chissà se allena ancora i ragazzini, chissà se qualcuno di loro sogna ancora di diventare come lui.

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21 Maggio 2005

«Ti ho scritto una dozzina di lettere mentalmente ma non sono mai riuscita a renderle in forma scritta. Non per mancanza di pensieri, ma al contrario per il fatto che le impressioni lasciatemi quel pomeriggio passato con te erano troppe e troppo profonde da sovrastarmi. Ma eccomi qui a farmi forza nell’esprimere ciò che provo ben sapendo che è futile, poiché forse neppure a me stessa riesco a spiegare in modo chiaro perché ho soppresso il forte desiderio di vederti ancora una volta. Era forza di volontà da parte mia o viltà?»

 Tina Modotti, 1921

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A che serve un perepé?

Un giorno un cavallo, un perepè e una margherita giallo mare se ne andavano a spasso per il mondo. «ALT!» disse il Gran Maestro dei Grigi sbucando da un cespuglio. «Le margherite non vanno a spasso, lo sanno tutti! Quindi la favola finisce qua!» «No, la margherita la porto con me» disse il cavallo. «Ciao» disse la margherita che era molto bene educata. E i tre continuarono la passeggiata, e il cavallo portava la margherita sulla groppa. «UN MOMENTO!» disse di nuovo il Gran Maestro dei Grigi. «Chi ha mai sentito parlare una margherita giallo mare? Il mare è blu! Lo sanno tutti, quindi la favola finisce qua!» «No, guarda, quando il sole tramonta, il mare ha tutti i colori!» disse il cavallo. «Bah!» e i tre continuarono a girare il mondo in lungo e in largo. «FERMI!» disse ancora il Gran Maestro dei Grigi che era proprio uno scocciatore. «Come mai tu che sei un cavallo parli, e questa margherita mi ha detto ciao? I cavalli e le margherite non parlano, lo sanno tutti! Quindi la favola finisce qua!» «Ma no! I cavalli parlano, solo che gli uomini non li capiscono. E la margheritina, anche lei parla, sennò come faceva a salutare?» E i tre continuarono la passeggiata ridendo e scherzando. «FERMI TUTTI!» disse ancora una volta il Gran Maestro dei Grigi. «E va bene il cavallo parlante, va bene la margherita giallo mare, ma un perepé? A che serve un perepé?» «Serve perché, quando c’è uno scocciatore come te, lui salta e fa: PEREPÉ!!!! PEREPÉ» (Andrea Pazienza)

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Giuseppe

Di solito mi chiama CAPO. “Sì, Capo.” “Va bene, Capo.” “Se lo scordi, Capo.” Oggi alla quinta ora è seduto davanti al computer. Sta lavorando alla presentazione in PowerPoint con cui all’esame porterà i suoi professori a spasso per l’Himalaya,  parlerà loro dei continenti alla deriva, di Erri De Luca e delle portatrici carniche. È prima concentrato, poi perplesso. Poi impreca, poi clicca giusto ed esulta. Poi mi gela, di un gelo bello:

«Ho finito, papà…»

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Blasfemo

Persa tra le pagine di “Repubblica”, tra un reportage storico di Rampini sulla Cina e un’intervista di Serra all’inventore di Slow Food, ecco la firma: Giovanni Maria Bellu. Un nome che ormai lego inevitabilmente a certe brutte storie di questo tempo devastato. Una cinquantina di uomini neri salpano la notte di Natale da Capo Verde per raggiungere la Spagna, li ritrovano alle Barbados, vagamente fuori rotta, ovviamente morti. In realtà ne ritrovano soltanto undici. Ritrovano anche 1300 euro e un bigliettino pazzesco scritto in francese. "Chi mi ritroverà invii questo denaro alla mia famiglia". Perché Dio persevera nel suo silenzio? Errare è umano, perseverare è divino.

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Sbrigare

Trascrivo un elenco di faccende da sbrigare da oggi a venerdì 9 giugno. Se uso un foglio, lo perdo. È molto più difficile perdere una pozzanghera. Quotidianamente “spunterò” le operazioni già effettuate. Auguri.

 

Preparare il Power point per lo Spettacolo.

Lavorare alla colonna sonora dello Spettacolo.

Recuperare il mixer della scuola e tutto l’impianto audio.

Telefonare scrivere massaggiare per invitare persone e personcine allo Spettacolo.

Verificare che il microfono funzioni.

Scrivere relazione finale della classe terza.

Costruire almeno altri 150 aerei di carta con la pluriclasse.

Scrivere relazione finale per le discipline che insegno (3) nelle mie classi (3).

Correggere i quaderni (storia) della pluriclasse.

Scrivere (e imparare a memoria) la mia parte nella scena dell’aereoporto.

Cercare carte geografiche per la scena del valzer.

Correggere il tema di Pino che era assente.

Preparare volantino spettacolo teatrale (9 giugno).

Preparare volantino inaugurazione campo di calcio (10 giugno).

Preparare rifiniture per il drago.

Trovare (comperare?) un secchio per la scena dei tamburi (quello che ho suona poco e mi rompo le mani).

Scegliere 200 euro di libri da comperare per Scuolamagia.

Supervedere la formazione delle squadre per l’inaugurazione e gli accoppiamenti (padri-figli; alunni-prof…)

Stendere giudizi finali terzo trimestre.

Scaricare immagini da dare ai ragazzi di Terza per i loro Power point dell’esame (Gino Bartali, Tina Modotti, Chernobil).

Fare in modo che Agata e Noemì siano vestite da hostess.

Inventare i titoli per lo scritto d’italiano.

Scegliere materiali per il portfolio.

(Ripassare la natura oscura del portfolio.)

Chiedere meglio a Dado se è disponibile a fare l’arbitro.

Comperare per lo spettacolo teatrale:

PENNARELLONI

CD VERGINI

FOGLIONI ENORMI PER SFONDO

CAMPANELLINE PER EFFETTI SONORI DEL DRAGO

SPAGO (GROSSO)

COLORI PER DIPINGERE LA FACCIA (VERDE).

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Bentornato!!!!!!

"La vita che continua. Le rondini, per esempio. Leggevo sui giornali che non arrivavano più, che ne sarebbero arrivate sempre meno. Però da me la prima coppia è tornata già con un azzardato anticipo. il 9 aprile, e ora è pieno, e le nidiate hanno già preso il volo. Leggevo dell’aviaria, di un allarme comprensibile e umano, ma con una specie di distrazione rispetto all’eventualità di un cielo malvisto e vuoto di uccelli. Seguo gli assidui convegni di Ahmadinejad — "La montatura dell’Olocausto" , "li mondo senza sionisti” — e immagino un mondo senza uccelli e senza ebrei, così, per sventare il contagio. Sui giornali di sabato ho letto dell’allenatore della squadra olimpica irachena di tennis, Ahmed Rashid, e dei due giocatori, Nasser Mi Hatem e Wissam Adel Odah, che sono stati ammazzati a Baghdad perché indossavano i calzoncini corti. Ho letto anche che secondo genetisti inglesi è nato prima l’uovo che la gallina. Mi ricordo di Sarajevo, quando all’improvviso riusciva ad arrivare ai brulli mercatini una fornitura umanitaria di uova. Si scherzava: è morto prima l’uovo o la gallina? La vita che continua: ci sono le lucciole fra le piante, le stelle in cielo. In galera —62 mila persone, al momento: ma lasciate che la Cirielli lavori, e vedrete che meraviglie — niente cielo stellato, niente lucciole, occhi sbarrati sul soffitto, o sulla branda di sopra. Non passa giorno — non passa notte — senza che ci pensi, alla galera. Non per solidarietà, per malattia. Fuori, me la prendo per le cose più diverse. L’Olanda non doveva perdere Ayaan Hirsi Ali, comunque  davvero si chiamasse. L’Italia doveva convocare Lucarelli. Prodi doveva istituire un ministero per il Nord, con un ministro del Nord, non so, Illy. Guardo le facce in giro, ora che posso andare in giro, e troppe mi sembrano, con tutto il rispetto, brutte e arrabbiate, anzi nemmeno arrabbiate. seccate, risentite. Specialmente quelle delle persone che guidano l’auto e parlano da sole. Poi torno e mi guardo allo specchio, temendo che anche la mia sia così, seccata, rancorosa. La vera differenza sono gli specchi. In galera non ci sono, uno non si vede per anni, poi viene fuori e non fa che incontrarsi, nelle vetrine, nei bar, nei bagni, e spesso non si riconosce e trasale, e poi si volta di qua e di là, si guarda e si riguarda, di fronte, di profilo, fa le facce, muove le gambe, così, per sgranchirsi. Per riabituarsi."

(a.s.)

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Sportzanghera

KaiserAltro post tutto muscolare, in occasione dell’odierna tappa del Giro d’Italia: Sillian (Austria) – Gemona del Friuli, passando nientepopodimeno che per Via dei Pioppi caduti per l’umana crudeltà (…vecchia storia). Impossibilitato (ETCCIUUU!!!) a seguire i corridori su qualche rampa, sono sceso davanti casa in ciabatte e ho fotografato addirittura uno dei miti del ciclismo degli ultimi anni, il kaiser Jan Hullrich. Mi ha colpito l’atmosfera da carovana circense, l’organizzazione, centinaia di uomini operosi, metti la transenna togli la transenna, monta il palco smonta il palco, toccata e fuga, da oggi a domani, da una pioggia a un sole. Resterà sull’asfalto per qualche mese una bianca linea a nome traguardo, per qualche ora un cappellino di bimbo: perduto, rosa.

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Hicham El Guerrouj

Ci sono nomi difficili da imparare. Troppo lunghi e complicati per le caselline strette della nostra memoria. Elezioni in Iran, vince Amadinejad. Uno dice: vabbé a cosa serve impararlo a memoria? Passano due giorni e questo se ne esce che l’olocausto è una storiella e che Israele va estirpato. Serve, serve, ahimè se serve. Anche imparare il nome di Hicham El Guerrouj è stata una faticaccia. Scriverlo ancora di più. Oggi leggo che dice basta, che non corre più. Un trafiletto minuscolo, 10 righe per l’addio del kingofthemile. D’altronde, le pagine sportive sono piene di avvocati, giudici e finanzieri. Figuriamoci se c’è posto per una faccia così gentile, per un talento così grande.

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Corri ragazza corri

AleMajano3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Via, partita. Cerca un ritmo. Tieni il ritmo. Regola il respiro. Pensa al sogno. Fatti coraggio. Stringi i denti. C’è la discesa, dimentica il ginocchio: attacca. Sorpassa. Guarda che cielo, scorre come acqua. Guarda la terra, l’erba, i sassi. Guarda i tuoi piedi. Senti il sudore, la forza. La vittoria. Fatti dire il tempo, aspetta le rivali, basta un sorriso per dirgli grazie. Prenditi gli sguardi, gli abbracci, la felicità…

(…dedicato a Ale, Campionessa Italiana di Corsa in Montagna)

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Quando il gatto non c’è…

Il TITOLARE per due giorni lo trovate in gita. Fate come se foste a pozzanghera vostra. Vi lascia pure una musichetta, così magari vi mettete lì con calma, leggete e se ci capite qualcosa gli fate sapere. Se del brano sapete pure le parole, ma dovete aver visto un film, cantate pure. Come farebbe lui.

L’audio e’ stato cancellato dallo spazio su Splinder

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Tenue

Che triste storia dare nome a un’ombra
ci imbarcammo in un tempo

dimenticato perfino dai sogni
pronti al beffardo amore e ad altre spese
ma qui dov’è la luna?
siamo giocatori di carte
lo spettatore comprende
con gli anni si misura la distanza
siamo sognatori di mondi
ragazze a cui piacevano i poeti
capitani di tavole imbandite
destini a scomparsa
siamo voci erranti
cui oggi e soltanto oggi
la terra all’orizzonte
tenue
di nuovo appare

I. Fossati

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La corriera

Mi capita talvolta di accompagnare i cuccioli da qualche parte e di salire su una corriera di linea per il ritorno. Succede che sia quella che raggiunge il paese di Scuolamagia alle 14.10. Ci salgo e so di incontrare un bel po’ di occhi. Un bel po’? Troppi, decisamente. Sono gli ex cuccioli, quelli che mi hanno ascoltato (sopportato) per tre anni e mille avventure. Ora frequentano le scuole superiori. Cresciuti, irriconoscibili. Voci cavernose, barbe, rossetti & rimmel. Gli occhi son sempre gli stessi. Mi prende un’ansia feroce: con chi parlo? Lui non lo vedo da tre mesi, lei sembra un po’ triste (chiedo, è solo stanca), lui dice che va malissimo a scuola (io dico che non ci credo), lei dice che lo ha finito, quel libro. Loro due sono diventate amiche – maddai! – e parlano strette strette. Lei sembra contenta di vedermi, sorride, non dice niente. Lui saluta e si rituffa nel suo mp3, ma lui lo vedo spesso e poi chissà quanto gli parla di me suo fratello, cui insegno storia e geografia. Alla fine opto per i dialoghi più semplici, di argomento generico. La conversazione la modera quello seduto nel sedile centrale dell’ultima fila, si atteggia a capetto, sentenzioso, non è cambiato. Sento che anche se guardano avanti, anche se sono stanchi e affamati… mi ascoltano. La radio trasmette la bella canzone di Pacifico, e dovunque mi giri stelle forse una di quelle… Comincio a dire che dovrebbero ascoltarlo, è un ottimo musicista, scrive parole dolcissime… Mi fermo, vabbè tornare indietro, ma a tutto c’è un limite.

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