Le storie di Scuolamagia, Res cogitans, Soletta, Stream of consciousness

Disegnare insieme

Un noto mensile ha chiesto a due disegnatori, diversi ma neppure troppo, di sedersi allo stesso tavolo e di condividere lo stesso foglio bianco. Ne è nata una jam session d’inchiostro nero che mi ha ricordato la bellezza di un gesto che in fondo frequento da sempre e che continuo a praticare nel mio lavoro quotidiano.

Disegnare insieme a qualcun altro.

Ma non ognuno per sé: insieme sullo stesso foglio. Gomito a gomito. Un atto di condivisione profondissima. Riunire due strumenti musicali non regala a parer mio lo stesso tipo d’incanto: bellissimo, ma rimane una somma, un unopiùuno. Disegnare sullo stesso foglio è invece un intero. È dare un morso alla stessa mela. Mi piacerebbe riuscire a farlo capire, ai cuccioli che mi chiamano per segnalarmi che la riga che han tracciato è storta, che il cerchio è tutto fuorchè tondo, che “gli occhi proprio non mi vengono”; far loro capire che sedermi al loro posto, o al loro fianco, stringere tra le dita la loro matita mangiucchiata, il loro pennarello da due lire è per me un onore e un’emozione grande, capace di riportarmi con la memoria a tutta la carta che ho riempito di segni con l’aiuto di altre mani.

Sarà per quello che poi la riga rimane storta, il cerchio rimane sghembo, gli occhi non ne parliamo.

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La Marilyn di Noemì

Quando Noemi è entrata a Scuolamagia, io non l’ho soltanto accettata, con i suoi pregi e i suoi difetti; io l’ho pure acceNtata. Nei panni di Noemì ha trascorso 3 intensi anni della sua vita prima di andarsene, con decisione unilaterale che non non ho mai digerito del tutto, a compiere studi liceali.

Qualche settimana fa, in biblioteca, stava cercando su Google immagini di Marilyn Monroe. Le servivano per uno dei suoi disegni, e alla fine la decisione è stata collettiva: sua, mia, degli altri ospiti della biblioteca. Quella lì, con la collana di perle. Poi abbiamo cliccato su “stampa” e ci siamo detti bye bye baby.

Nei venerdì successivi ogni volta che l’ho incontrata le ho chiesto notizie della sua Norma Jeane Baker, manco fosse un paziente in sala operatoria. «Devo finirla», rispondeva. Oppure: «ci siamo quasi…». Confesso che dopo l’ultimo bollettino, piuttosto sul vago, ho deciso che non avrei insistito oltre. Nella vita ho cominciato mille disegni che non sono riuscito a terminare, ho iniziato racconti che si sono persi dopo un paio di facciate, ho pieni i cassetti di prime strofe di canzoni prive di ritornello. Mi sono sentito inopportuno e indiscreto. La Marilyn Monroe di Noemì aveva tutto il diritto di giacere appallottolata nel cestino della carta, sotto la scrivania.

Parole in questo post ce ne son troppe. Com’è finita questa storia l’avete già capito.

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