Le storie di Scuolamagia, Res cogitans, Soletta, Stream of consciousness

“L’hanno prossimo mi metteranno l’aria condizionata”

Giuro che non si tratta di deformazione professionale. Quando correggo non sono uno spietato cacciatore di errori, ho fin troppi dubbi attorno a una miriade si misteri grammaticali e se due opzioni linguistiche per un istante mi sembrano in conflitto, prefiguro immediatamente una soluzione che le contempli e le accetti entrambe, senza nemmeno scomodare il vocabolario.

Sono uno di quegli insegnanti a cui capita che gli alunni dicano: “ho dimenticato un accento e non te ne sei accorto”. Rispondo sempre in maniera diversa – “l’ho fatto apposta, per vedere se te ne accorgevi tu…”; “mi scuso e corro a firmare la mia lettera di dimissioni”; “è colpa della tua calligrafia incomprensibile, vedi, quella virgola mi sembrava un accento…”; “esiste una variante trecentesca senza accento, la usa anche Dante”; “quanto vuoi per insabbiare questa storiaccia dell’accento? Se lo sa tua madre sono rovinato…” – e non ci penso più.

Nei libri, però, gli errori non li sopporto. E capita sempre più spesso. E il più somaro, nella classe (casta?) degli editori, è senza ombra di dubbio Einaudi. Vabbè “STILE LIBERO”, ma così si esagera! L’avreste detto, Einaudi, così ordinato, con quel grembiule bianco e lindo, lui così di buona famiglia. La colpa non è degli scrittori, molto spesso sono infatti le opere tradotte le più lacunose.

Uno si affeziona a Chloe, ragazzina di strada dal tragico passato. Si affeziona soprattutto a sua sorella Camille, vittima delle peggiori violenze, personaggio di una feroce vitalità. Trova interessante lo psichiatra che si fa carico di entrare nella mente della protagonista, fino a riuscirci. E quando i due – medico e paziente – sono uno di fronte all’altra nell’ultimo breve capitolo, nello stanzino di cui hai quasi imparato a sentire il caldo asfissiante, ecco…

Non può finire così…

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