Res cogitans, Soletta

Potenza che abbraccia

«E infatti qualcosa avvenne. Intorno, sulle colline intorno, c’era il sole limpido. Sulla chiesa il cielo divenne scuro scuro. E poi esplose una pioggia tesa, violenta, violentissima, solo su di noi, sulla chiesa, mentre la macchina partiva. E lo abbiamo riconosciuto, nel segno di una irresistibile invincibile resa, di una potenza che  sale, di un diventare altro, di un addio, un saluto. Di una potenza che abbraccia, come un temporale, fino al cuore. L’ultimo segno è stato, violento e bello, d’amore.»

Immagini che arrivano dal giugno del 1988. Direttamente da un funerale, il funerale di Andrea Pazienza. Reduce dalla lettura di una sorta di biografia, dall’ascolto di tante voci che lo hanno sfiorato, dalla scoperta delle sue mille avventure e dall’immersione nelle sue storie (anche d’amore), rimango a bocca asciutta e il desiderio di capire l’anima del mio dio dei pennarelli dovrà ancora una volta ripartire dai suoi cieli colorati di mille sfumature. Cieli assurdi ma che esistono, a saperli guardare.

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