C’è un altro anno che finisce. C’è un nuovo articolo sulla biblioteca da scrivere. Sembra quasi di rispondere a una domanda: come sta la biblioteca? Bene, grazie. Non ci si può lamentare. Certo, sì, qualche malanno di stagione: un po’ di disordine, qualche libro non restituito. Ma davvero: bene grazie. Le stanze sono belle piene di ragazzi, i ragazzi di Forni Avoltri. Da quelli dell’88 (W L’88!), che una volta arrivavano in bici e oggi parcheggiano un’automobile, a quelli del ‘96 (W IL 96!), che hanno appena cominciato a frequentare la Secondaria di primo grado. E in mezzo tutti gli altri: W 89, 90, 91, 92, 93, 94, 95, e ho quasi finito la vernice. Arrivano e parlano, raccontano, si raccontano, navigano su Internet, vanno su YouTube, organizzano il Fantacalcio (comprano Quagliarella, vendono Camoranesi…), suonano la chitarra, scherzano, scrivono e disegnano sul quaderno delle presenze, quando non sono tristi – raramente, ma capita di esserlo – ridono, ridono tanto, prendono accordi in vista di nuovi incontri. Leggere non leggeranno tantissimo, ma ci sono, e lì dentro sono i colori. Tutti i colori. A leggere ci pensano gli assidui, quegli adulti curiosi che fanno finta ci sia silenzio per immergersi nella contemplazione degli scaffali, e cercano e scavano e riemergono soddisfatti con la pubblicazione sui Cosacchi o con il dizionario delle erbette balsamiche. Poi ci sono i bimbi che spalancano gli occhioni impauriti e non sanno che libro scegliere. Quelli si tratta di aiutarli, di prenderli per mano.
Bene, quindi, dicevamo. E poi ci sono gli armadi nuovi, montati dai ragazzi, anche se lo spazio non è mai abbastanza. Presto arriveranno pure un bel po’ di libri nuovi nuovissimi, per non dire di quelli donati, che di arrivare non hanno mai smesso.
Insomma, bene, e intanto sono già passati 5 anni. Se non dalla riapertura ufficiale della biblioteca – per quell’anniversario occorre aspettare il 21 marzo 2008 – almeno dall’idea di Barbara e dal lavoro progettato e svolto con 11 alunni di quella che allora si chiamava Scuola Media.
Rischio di ripetermi, ma la biblioteca gode davvero di buona salute. Le manca una cosa, però, a dirla tutta. Una cosa che non costa niente ma può valere tantissimo. Le manca un nome, un nome che non sia generico. Capaci tutte, le biblioteche, di esser “civiche”, di esser “comunali”. Ci vuole un nome, ci vuole un’intitolazione. Ci vuole una bella targa. Sì, una targa chiara. Sobria. Una targa di legno. E il nome? Quale nome? Ci penso ogni venerdì, a qual è il nome giusto da onorare con il battesimo della biblioteca di Forni Avoltri. Mi fermo davanti alla porta d’ingresso, un istante prima di inserire la chiave nella toppa, e recito un nome e un cognome. “Biblioteca comunale Sandro Pertini, …Eugenio Montale, …Lorenzo Milani”. Poi penso che quelli sono nomi illustri, ma adatti ad una biblioteca “normale”. So anche che non occorre andare lontano per incontrare personalità di prestigio che hanno dato lustro alla Val Degano e al comune di Forni Avoltri, personalità che meritano di essere celebrate e ricordate. Però sono anche convinto che serva il coraggio di guardare più lontano, che si tratti di “sconfinare”. Il nobile gesto di preservare la propria identità non viene contraddetto – anzi, viene amplificato – nell’aprirsi alle culture degli altri.
Dipendesse soltanto da me (mi guardo bene da tale arroganza), intitolerei la biblioteca di Forni Avoltri ad Anpalagan Ganeshu. Chi è Anpalagan Ganeshu? Chi era, Anpalagan Ganeshu. Era un ragazzo di 17 anni nel 1996 (W IL 79!), quando ha lasciato lo Sri Lanka alla volta dell’Europa. Alle spalle, nel suo paese, la vita difficile di chi appartiene all’etnia tamil, minoranza ferocemente aggredita, ma nel cuore il sogno grande di raggiungere l’Inghilterra e una laurea in ingegneria informatica. Era uno studente modello, Anpalagan, morto e dimenticato in fondo al mare nostrum, a poche miglia dalle coste siciliane. Solo uno tra i tanti, uno tra le centinaia di migranti che ogni anno spariscono inghiottiti dal Mediterraneo. Uno per ricordarli tutti. Certo, i fenomeni migratori sono faccende complicate che affondano le radici nel passato e si innestano con forza nelle visioni del futuro. Qui si tratta solo di ricordare ciò che è stato e riconoscere ciò che quotidianamente continua ad accadere. E farlo a Forni Avoltri – agli antipodi del mare, a tasso di immigrazione zero – forse sarebbe ancora più importante. Lancio questa semplice proposta all’Amministrazione Comunale e a tutti gli abitanti, frequentatori della biblioteca o meno. Ignoro cosa comporti, in termini di burocrazia, l’intitolazione di un luogo pubblico. Dipendesse anche questo da me, sarebbero sufficienti un chiodo, un pezzo di cartone e un robusto pennarello. Questa è la mia proposta, mi piacerebbe foste d’accordo con me. Ma non sarei dispiaciuto qualora ne giungessero di altre.
Come sta la biblioteca? Bene, grazie. Dentro si fan tante cose, e il tempo ti passa come niente, ha affermato un giorno Nicola. Lo scrittore Gian Luca Favetto, a ottobre nostro graditissimo ospite, si è permesso di contraddirlo dandogli ragione: “Mi piacerebbe che lì dentro, per te, il pomeriggio non passasse come niente, ma passasse come se fosse tutto, pienissimo e indimenticabile”.