Cineserie, Le storie di Scuolamagia, Res cogitans, Soletta, Stream of consciousness

Come una specie di sorriso

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C’è sul “Venerdì di Repubblica”, da quando si è rinnovato, una rubrica che si chiama BARWEB, a cura di Marco Filoni. Ecco il trafiletto di questa settimana.

Di integrazione – o della sua mancanza – si parla sempre. Anche nel web. L’antropologo Piero Vereni, nel suo blog, racconta la storia che gli ha riferito una maestra sua amica. Lei insegna in una di quelle scuole dove ben più della maggioranza degli alunni sono figli di immigrati.
In una quarta elementare la maestra propone un gioco: ogni bambino si avvicina alla cattedra, e uno alla volta i suoi compagni devono descriverlo. Tocca a Stephan, figlio di filippini: «Ha i capelli neri e lisci»; «Ha la pelle olivastra»; «È magro e ha i denti bianchissimi». Una bambina italiana, Greta, aggiunge: «Ha gli occhi a mandorla».
La maestra vuol cogliere l’occasione per parlare di diversità, e chiede: «Perché ha gli occhi a mandorla?». E Greta risponde: «Perché sorride sempre».

    

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Le storie di Scuolamagia, Res cogitans, Soletta, Stream of consciousness, Tutte queste cose passare

Vieni via con Saviano?

Il primo messaggio arriva alle 21.05, mentre sto ancora trafficando con fogli stampati e fogli da stampare.
Dice: “COMINCIA”.
L’asciuttezza degli sms della mia alunna Ili è inversamente proporzionale ai fiumi di parole che impiega per raccontarti a voce anche un fatto minuscolo e insignificante.

Lo so che comincia, ed è proprio per la fretta di raggiungere il divano che mi sono imbottigliato in un pasticcio di stampe sbagliate.
Tutto è iniziato a scuola, una decina di ore prima. Ho beccato Debby in corridoio e ho tracciato una piccola “P” con la penna blu sul palmo della sua mano. “Ricordami che dopo, all’ultima ora, devo fare una pubblicità”. Me ne sono ricordato da solo, poi, nonostante la mano di Debby sia sventolata puntuale al mio ingresso nell’aula. “Se vi va, se non guardate il Grande Fratello (piacevoli smentite cariche di disgusto), stasera alle nove provate a sintonizzarvi su Rai 3”.
“Ah, c’è quello del libro e della scorta, no?”
“Sì, proprio lui, e ci sono altre cose di cui abbiamo parlato a scuola”.
“Mhh, vediamo”.
“Mhh, vedete”.
Il secondo messaggio dice: “CHI È QUESTO TIZIO?”
“Si chiama Silvio Orlando, è un grande attore. Ti ho fatto vedere un suo film, quando eri in prima media, ma lui era un po’ più giovane e non aveva la barba”.
Il terzo messaggio dice: “HA NOMINATO QUELLO DI GOMORRA… C’È ANCHE LUCIANINA?”.
Dico che non so, che non credo, e intanto penso che in classe, per quell’attitudine ad arrampicarsi su banchi e cattedre mentre leggo racconti e storie, miracolosamente senza distrarsi, “Lucianina” è il soprannome che ho dato proprio a Ili.
Il quarto messaggio dice “E QUELLO CHE SUONA?”.
Spiego di Cristiano De Andrè… Sì, proprio il figlio di quello lì, quello di cui Giua esegue benissimo le canzoni: presente quella in genovese? E IANDA E IANDA… Presente?
Il quinto messaggio dice “ECCOLO”.
Saviano. Comincia il suo monologo e ad ogni parola un po’ più complessa delle altre – lo scrittore dice “antonomasia”, dice “emblema” – temo che si possa sgretolare l’attenzione della giovane spettatrice, e che possa pensare “c’ho provato, ma non fa per me”.
È dura, è durissima. Si nominano mandamenti, ndrine e mammasantissime, e io in certi dettagli a scuola non sono mai sceso. Quando all’improvviso, un piccolo miracolo, sancito dal sesto messaggio: “ECCOLOOO!!!”.
È Antonio Albanese, anche se lei avrà pensato “Epifanio”. (Un buongiorno a voi, un buon giorno a me, t’e capì? Forse ma forse…)
Legge cose drammatiche e serissime, l’attore, ma la faccia è la sua, e giova, sicuramente giova.
Sul mio telefono arrivano altri messaggi, su quel palco arrivano altri ospiti.
Poi, a una certa ora, è normale che una ragazza di tredici anni vada a nanna.
La speranza è che non visitino il suo sonno picciotti e padrini, gente che spara e cattura. Ma non credo, forse è una sera in cui sentirsi più grande e più sicura.
Poi arrivano Bersani e Fini.
Leggono elenchi di valori.
Io rileggo un elenco di messaggi.
Valgono anche quelli.  

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Imago, Soletta

Dolls

Parto dalle biciclette fotografate da un giovane fotografo francese e scopro le sue bambole. Artificiose. Morbose. Sdolcinate tra i dolci. Inquietanti. Vive, ma in quella maniera lì. Con quella costante presenza di mani e braccia altrui – adulte e bambine: a cingere, carezzare, sfiorare. Consapevole che tra 26 minuti potrebbero disgustarmi, alle 20.04 dell’8 novembre decido che queste foto mi piacciono e che meritano di galleggiare sull’acqua marroncina della pozzanghera.

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