Res cogitans, Soletta, Stream of consciousness, Tutte queste cose passare

Il naso e i ciclamini

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Trascorrere una serata davanti alla Tv è sempre più una mission impossible. Come immagino facciano sempre più italiani, ieri ho ripiegato su un’accurata cernita di immagini “sviste” nel corso delle ultime settimane e ripescate su YouTube. Tra queste, l’intervista barbarica a Emma Bonino, che tra tante cose interessanti ne ha detta anche una bellissima.

La trascrivo.

«Ma la donna dell’anno, invece, chi è secondo lei?»

«Mah… per me… per come l’ho vissuta io, per come l’ho amata, per come l’ho conosciuta… per me è Aung San Suu Kyi. Una che resiste in modo non violento agli arresti domiciliari per 17 anni, una che ha vinto le elezioni… – io sono andata a trovarla nel 1997 e spero di riuscire presto ad andare – che esce e la prima cosa che dice è “voglio dialogare con la giunta… questo paese deve progredire verso la democrazia…” …‘nsomma… ed è minutissima, piccolina, ricordo quando mi sono chinata per abbracciarla e il mio naso lunghissimo è finito nei suoi ciclamini che ha dietro i capelli e quel profumo non lo scorderò mai più…».

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Le storie di Scuolamagia, Stream of consciousness, Tutte queste cose passare

Il bambino e il bambone

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Nata come nascono certe espressioni in classe – per puro caso – ormai è un piccolo cult a Scuolamagia. Un giorno uno si alza e non avrebbe dovuto alzarsi, ché già è piuttosto raro che io lo faccia stare seduto per più di dieci minuti.

«Vai al posto o ti abbatto come un camoscio», ho detto.

Sarà che i cuccioli certe cose le sanno immaginare e sembrano quasi vederle davvero. Sarà che non sanno che per me un capriolo un daino un camoscio un cerbiatto uno stambecco e un cervo sono in linea di massima lo stesso animale. Sarà quel che sarà, il camoscio è tornato al suo posto e la lezione è continuata tranquillamente senza intoppi, senza polemiche e gesti di insubordinazione.
Da quel giorno, constatato che funziona, ho abbattuto molti camosci.
Io non sono capace, ché per me uno schioppo un archibugio una carabina una pistola un mitragliatore un bazooka un kalashnikov sono la stessa arma, ma alcuni ragazzi al momento giusto mimano la fucilata nell’aria. Puntuale, Anna sbotta indignata: «Ma povero camoscio!!!».
E si ricomincia. Altro che pausa-caffè. Pausa-camoscio.
Due ore fa passeggiavo in un bosco, piccolo ma piuttosto selvaggio, quando da certi cespugli è sbucato un quadrupede maestoso, un camoscio un capriolo… non so… da piccolo avrei detto “un bambi”, ma grande, “un bambinone”, un “bambone”. Inseguito da un cane (oggi mi risulta che la caccia sia chiusa, forse si trattava dell’animale di un bracconiere, o – visto l’imbarazzante esito dell’inseguimento – di un braccobaldoniere), letteralmente volava. Ma niente era magico, non c’era leggerezza, era un volo rumoroso, era materia che rimbalza sulla materia, erano rumori di sassi smossi, foglie secche, rami e rametti spezzati. Era un fiato, un fiatone, erano sbuffi di locomotiva, era un vento. Erano traiettorie perfette e due occhi perfetti a guidarle. Era scintillante bellezza, pazienza se non c’era fantasia e c’era soltanto istinto. Puro, libero.
Son rimasto lì 2 o 3 minuti come un bambino, vittima di un incantesimo, quasi abbattuto da un camoscio.

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